Finalmente cresce il numero di contratti a tempo indeterminato!

Autore: Luigi Di Maio

Sul decreto Dignità si è detto di tutto. Che volevamo punire le imprese, che volevamo costringerle a lasciare a casa i lavoratori in scadenza di contratto. Qualche luminare della politica moderna è riuscito persino a rinominarlo decreto Disoccupazione… che tristezza! È proprio vero che l’Italia è vittima della malafede che dilaga in chi pretende di essere classe dirigente.

Purtroppo per loro, devo dargli una cattiva notizia, che però per noi cittadini che guardano a un futuro più equo è una notizia fantastica: IN ITALIA CRESCE IL NUMERO DI CONTRATTI A TEMPO INDETERMINATO! Infatti, anche se il terzo trimestre del 2018 è stato negativo per il Pil, i dati congiunti di Ministero del Lavoro, Istat, Inps, Inail e Anpal parlano chiaro: a fronte di una diminuzione di 27 mila contratti a tempo determinato c’è un aumento di 42 mila contratti stabili rispetto al trimestre precedente. E i nuovi dati Inps di ieri confermano questa tendenza: nei primi 10 mesi del 2018 c’è stato un saldo positivo di 207.541 contratti a tempo indeterminato, mentre il saldo dei contratti a termine è in calo, soprattutto nel periodo agosto-ottobre, cioè quando il decreto Dignità ha iniziato a fare il suo lavoro. Il bello naturalmente deve ancora venire! Quando la Manovra del Popolo, che rilancia i consumi interni e gli investimenti pubblici, darà i suoi primi frutti, gli effetti del decreto Dignità saranno ancora più tangibili.

Inoltre continua a crescere senza sosta il numero di contratti precari che vengono trasformati in contratti a tempo indeterminato. Solo da luglio a settembre sono stati 114 mila e nei primi 10 mesi del 2018 sono stati addirittura 407.327, quasi il doppio rispetto allo stesso periodo del 2017. Sapete questo cosa significa? Migliori condizioni di vita per decine di migliaia di giovani e meno giovani che possono tornare a guardare con ottimismo al futuro grazie alla serenità che solo un reddito certo può trasmettere. Forse per qualcuno questo è poco, ma per me è tutto. È quello che avevamo promesso agli italiani e lo stiamo mantenendo e siamo solo all’inizio. Quando anche il Reddito di cittadinanza partirà, insieme al decreto Dignità, saranno le misure più importanti per rispondere all’emergenza sociale delle politiche di austerità volute negli scorsi decenni.

Abbiamo voltato finalmente pagina: oggi il lavoro stabile sta tornando di moda!

#Spazzacorrotti: stop ai faccendieri e più severità per l’appropriazione indebita

Quante volte abbiamo sentito quel tale che dice di avere un amico nell’ufficio pubblico che può risolvere un annoso problema? assicura di poterlo raggiungere facilmente, ma per farlo chiede soldi o altra utilità. In realtà però capita che questo tizio vanti conoscenze false. Grazie alla legge Spazzacorrotti, sulla quale siamo a un passo dall’approvazione definitiva, chi si vende finte conoscenze per far ottenere favori a qualcuno in cambio di denaro o altro, viene punito come chi quelle conoscenze le ha davvero e le vende.

Chi sbaglia, in entrambi i casi, viene punito ora con una pena che sarà fino a un massimo di 4 anni e 6 mesi.

Per adeguarci alle richieste a livello europeo, il disegno di legge prevede che il millantato credito venga assorbito nel reato di traffico illecito di influenze, delitto per il quale vengono puniti sia chi si fa dare o promettere denaro, sia chi materialmente lo da.

Esempio tipico è quello di chi ha, o finge di avere, conoscenze all’ufficio del catasto per far ottenere in tempi brevi la planimetria dell’immobile all’amico, in cambio di denaro o altri favori.

Nessuno sconto a corrotti e corruttori. E nemmeno a chi cerca altrove denaro che poi può usare per corrompere. Anche se questo non è proprio un reato contro la pubblica amministrazione, abbiamo deciso di intervenire per rendere più incisivo il contrasto all’appropriazione indebita aggravata. La novità necessaria è far sì che le indagini da parte della magistratura non siano soggette alla denuncia della vittima, ma possano partire su semplice decisione del Pubblico Ministero, nel caso in cui sospetti l’esistenza dell’appropriazione indebita. Torna in vita, così un sistema che già esisteva in passato e che era stato eliminato dal governo precedente alla fine della legislatura. Un esempio recente di cronaca riguarda due persone indagate con l’accusa di aver destinato a conti bancari a loro riconducibili, denaro ricevuto ufficialmente per fare beneficenza ai bambini africani.

Ma affinché fossero avviate le indagini nei loro confronti, la Procura ha dovuto scrivere all’Unicef ed altre associazioni umanitarie straniere, chiedendo loro di denunciare questi soggetti. Grazie alla legge Spazzacorrotti, le indagini in questi casi torneranno ad essere avviate senza la necessaria denuncia delle vittime. E siccome vogliamo che anche per questo reato lo Spazzacorrotti sia un punto di non ritorno, abbiamo aumentato le pene per l’appropriazione indebita, che ora non sarà inferiore a 2 anni di carcere e potrà arrivare fino a 5.

La legge è composta di tanti punti importanti e mirati a colpire diverse forme di malaffare. Non è la solita leggina dei vecchi partiti, è una novità di sistema per la legalità.

L’ennesimo attacco del Giornale di Sallusti/Berlusconi a Di BattistaArticoli

Alesandro Di Battista

Eccolo qua, puntualissimo, è arrivato l’attacco del Giornale di Sallusti/Berlusconi alla mia famiglia. Parliamo dello stesso giornale che mesi fa intitolò in prima pagina: “Furbata Di Battista, si ritira dalla politica ma piazza il padre in Parlamento”. Lo stesso giornale che l’anno scorso diede spazio – senza fare verifiche – al suo padrone Berlusconi quando disse che “non avevo studiato, non mi ero laureato etc etc”. Oggi, udite udite, tramite una visura camerale – una roba pubblica insomma – scopre che la piccola azienda di famiglia (3 dipendenti tra cui mia sorella) ha difficoltà. Chapeau! A questo punto gli consiglio di fare altre decine di migliaia di visure camerali ad altrettante PMI per scoprire la situazione delle piccole imprese italiane.

 

E gli consiglio di sbattere in prima pagina tutto ciò che scopriranno. Ebbene sì, la nostra azienda va avanti, con enormi difficoltà. Mio padre, ad oltre 70 anni, lavora come un matto. Il carico fiscale è enorme. L’azienda ha avuto difficoltà a pagare puntualmente i 3 dipendenti (tra cui mia sorella). Ciononostante l’azienda tira avanti, così come tante altre, sperando che i colpevoli, che oltretutto oggi provano, in modo scomposto, a fare i carnefici, vengano cacciati, una volta per tutte, dalle Istituzioni. E adesso un paio di cosette:

1. Vi dico una cosa: Grazie. Pensate di indebolirmi ma ottenete il contrario. Oggi, grazie a voi, ogni piccolo imprenditore italiano sa che un ex-parlamentare, quando era in Parlamento, non si è occupato dell’azienda di famiglia.

2. Io sono così calmo e tranquillo ultimamente, ma se provocate mi tocca tornare ad Arcore sotto la villa del vostro padrone. Stavolta però per leggere dei pezzi della sentenza sulla trattativa Stato-Mafia. L’avete voluto voi evidentemente.

3. Ho visto che Renzi ci si è subito buttato a pesce su questa stupidaggine. Caro Matteo, so che ti brucia ancora che uno come me, senza guru della comunicazione, senza TV dalla sua parte, solo con un motorino, ti ha fatto il “culo” al referendum costituzionale. Cerca però di essere più discreto, così si nota troppo.

4. Vi ricordate quando B. si burlò di me dicendo, per l’appunto, che non avevo studiato, che ero fuori corso etc etc. L’ho querelato e lui alla fine ha accettato di scrivere la letterina che vi allego qui sotto. Quando torno me la stampo, ci faccio una gigantografia e l’attacco al muro tra il diploma di laurea e quello del master. Ovviamente dopo averne mandata una copia a Sallusti chiedendogli, come sempre, di obbedire al suo padrone e di chiamarmi “Illustre Signor Dottor Di Battista”.


La Settimana del Blog #44

di Beppe Grillo – Siamo alla fine di altri 7 giorni incredibili. Tra le tante storie che il Blog ha raccontato, ce ne sono alcune pazzesche. Per esempio questa storia sul lavoro che, per quanto bizzarra, potrebbe diventare la normalità.

Ricordate il 1993? Oppure il 2003? Avreste potuto predire il web, i tablet e gli smartphone, i viaggi spaziali privati, l’ascesa del terrorismo o la miriade di piccoli cambiamenti di oggi? Come potremmo allora prevedere come sarà il mondo nel 2033? 6 visionari, leader e grandi pensatori, ci hanno provato. Ecco cosa hanno detto…

Ho voluto ricordare le parole di Seneca riguardo al tempo. É incredibile come ancora oggi alcune domande siano vive più che mai.

Ci siamo poi occupati di uno studio pubblicato da alcuni scienziati messicani, che ha stabilito che la tossina Bt, prodotta in innumerevoli vegetali OGM (autorizzati per l’importazione nell’Unione Europea) può causare allergie. Ma l’Efsa, alla quale la Commissione UE ha chiesto di esaminare la ricerca, ha concluso invece che essa non fornisce alcun nuovo elemento di indagine e che soffre di alcuni difetti metodologici. Leggete qui!

Siamo andati a vedere cosa succede nella politica italiana. E di come per alcune persone non siamo neppure capaci di pulire i cessi. Ecco la mia.

Poi ci siamo occupati di una delle cose più importanti che abbiamo: il nostro pianeta. Dobbiamo dare attenzione al bilancio del “capitale naturale”, e non preoccuparci solamente dei bilanci finanziari. Questi bilanci che hanno perso di vista quello che è l’equilibrio che regola l’economia e la nostra esistenza sulla terra. Calcoliamo lo spread economico ma non lo spread ecologico. Ecco cosa si deve fare: tassare in base allo spread ecologico!

Come sarà lavorare a Londra e vivere a Milano? Come sarà togliere gran parte dei camion e sostituirli con semplici “tubature”? Sembra incredibile, ma il primo passo di questa rivoluzione è già in atto. Leggete qui.

Quando sentiamo parlare di Cina siamo subito assaliti da tanti stereotipi e luoghi comuni. Il Paese ha tante sfide di fronte a se. Alcune sono difficili e ancora all’inizio, altre lotte sono state iniziate tempo fa e ora qualche risultato si vede. Senza avere la saccenza di giudicare gli altri, abbiamo visto cosa sta succedendo in una delle Nazioni più complesse che ci sono, soprattutto nel campo del lavoro. In cinque anni più di 60 milioni di persone sono uscite dalla povertà. Ecco l’interessante pezzo di Fabio Massimo Parenti di questa settimana.

Questa cosa è davvero importante. Il malaffare ha mille volti, eppure i corrotti che scontano la loro pena in carcere sono pochissimi. Sapete che è così. Ecco la mappa della corruzione in Italia. Condividete!

E siamo tornati a parlare di TAV. Di un buco mai fatto in val di Susa. Quel progetto nato negli anni ’80 ora non ha più senso. Tav is the new black!

Come sempre vi auguro una felice domenica,

L’Elevato

Il Ministero trasloca e risparmia 6 milioni di affitto

Forse alcuni di voi non sanno che il Ministero dell’Ambiente si trova in una sede dove si paga (e quindi tutti noi cittadini paghiamo) più di 6 milioni di euro all’anno di affitto.

Ebbene si, lo Stato paga un affitto. E’ una situazione, per quanto mi riguarda, insostenibile e senza senso. Per questo abbiamo avviato le procedure per disdire il contratto e individuato una sede demaniale, quindi già di proprietà dello Stato. Si tratta di un palazzo in viale Boston, all’Eur, dove non pagheremo affitti.

Ovviamente spostare un ministero è molto complicato, quindi ci vorrà almeno un anno per il trasferimento. Ma ora questi 6 milioni possono essere investiti in qualcosa di più utile, come assumere persone o tecnici nel ministero, possono essere messi per le bonifiche, per l’educazione ambientale e investiti nella tutela dell’ambiente e quindi del Paese.

Buone notizie per gli imprenditori italiani!


Voglio darvi una buona notizia per le imprese italiane, per gli imprenditori e per tutti quelli che stanno aspettando di cambiare tante cose che non funzionano in questo Paese e che non riescono a far dare lavoro ai giovani e ai meno giovani.

Oggi in Consiglio dei Ministri abbiamo approvato un decreto legge che come primo articolo ha la cosiddetta Legge Bramini: gli imprenditori che aspettano soldi dallo Stato e lo Stato non li paga, avranno delle agevolazioni dallo Stato. Prima di tutto, se sono in ritardo con i pagamenti, il fondo di Garanzia dello Stato, il Fondo del Ministero dello Sviluppo Economico gli garantirà i pagamenti in modo tale da non fargli saltare i conti dell’azienda. Quindi se io sono un imprenditore e ho lavorato per lo Stato e lo Stato non mi paga, non posso fallire perché non riesco a pagare delle rate dei prestiti, dei fidi e per questo motivo entrerà il Fondo di Garanzia Statale a garantire questi imprenditori.

Numero 2: non gli potranno pignorare la casa con le procedure con cui gli stanno pignorando le case agli imprenditori che devono avere i soldi dallo Stato. È assurdo ma lo abbiamo visto proprio con il nostro grande Sergio Bramini che in questi mesi ha lottato contro il pignoramento della sua casa che gli veniva pignorata, non per colpa sua, ma perché lo Stato non gli aveva pagato dei lavori.

Adesso ci sarà una nuova legge, grazie a questo decreto che è legge, domani va in Gazzetta Ufficiale con cui finalmente aiutiamo quegli imprenditori, che devono avere soldi dallo Stato, a non perdere la casa. C’è un registro che ha reso un inferno la vita di tanti imprenditori, si chiama SISTRI, è il registro sulla tracciabilità dei rifiuti. È in realtà un registro che non ha mai tracciato i rifiuti, ha soltanto reso la vita un inferno a tante imprese. Abolito! Decreto Semplificazioni ha appena abolito il Sistri in Consiglio dei Ministri. E ancora: abbiamo abolito il Registro Unico del Lavoro: un adempimento telematico che avrebbe creato soltanto problemi agli imprenditori, ai professionisti ed in fase di conversione quindi nei prossimi due mesi in questo decreto all’articolo 3, entreranno tante altre norme di semplificazione che adesso non vedete nel decreto perché non potevano entrarci subito ma ci entreranno perché abbiamo avviato un tavolo con le imprese. Ci saranno tavoli tecnici al Ministero dello Sviluppo Economico per cancellare un’altra serie di adempimenti inutili che non servono, che non sono mai serviti alle imprese ma servivano soltanto a dare la ragione di esistere a tanti enti inutili che esistevano per creare scartoffie, o per farsi dare scartoffie dalle imprese. Elimineremo gran parte di questa roba nel lavoro di conversione in Parlamento di questo decreto che da domani va in Gazzetta Ufficiale e di cui sono particolarmente contento come Ministro dello Sviluppo Economico.

È un primo segnale, dovremmo fare ancora molto sulle semplificazioni. Il Consiglio dei Ministri ha approvato anche un’altra legge, la legge Delega sulla revisione del Codice degli appalti, del Codice del lavoro e della semplificazione del Codice di Procedura Civile. È un’altra cosa importantissima, il Codice degli appalti sta bloccando gli investimenti, dobbiamo eliminare un terzo delle norme: il governo si fa dare una delega e poi taglia tutto quello che non serve nelle norme del codice degli appalti.

I processi civili sono troppo lunghi, revisioneremo il processo Civile con una revisione che è dentro questa legge Delega, così che le imprese quando avranno contenziosi, pagatori e pagamenti, potranno avere una sentenza in poco tempo. E terzo, il Codice unico del lavoro, io ve l’avevo promesso: aboliamo 400 leggi, adesso abbiamo approvato la Delega che creerà il Codice unico del lavoro. Come ministro del Lavoro elimineremo oltre 300 leggi inutili, le mettiamo insieme in un unico codice così che un lavoratore o un imprenditore quando avrà un problema in futuro saprà qual è la legge che si applica a quel problema. Oggi non sappiamo neanche quante siano le leggi che si applicano al problema che viviamo e questo ci scoraggia e ci allontana. Insomma è un lavoro importante che è appena iniziato.

Il tavolo con le Imprese, le Pmi, porterà tante innovazioni, sia per quanto riguarda le riforme di cui vi ho parlato, sia per quanto riguarda le semplificazioni. E poi sempre all’interno di questo decreto, il decreto semplificazioni ci sono anche delle misure al ministero della Giustizia molto importanti per nuove carceri. Perché dobbiamo costruire nuove carceri, perché rispetto agli svuota carceri del passato noi siamo per assicurare delle condizioni umane nel rispetto delle leggi dei detenuti, ma le carceri si devono fare, si devono potenziare. E grazie a questa norma semplificheremo la vita del ministro della Giustizia che vuole ampliare gli spazi e crearne di nuovi, ma prima era bloccato dai mille lacci burocratici.

Un’ ultima cosa per gli amici della Basilicata: abbiamo respinto l’autorizzazione per l’impianto di Masseria la Rocca, noi presto lanceremo il nuovo piano clima energia, che è un piano che si baserà sulle rinnovabili, su un Italia che nel 2019 deve avviare il suo percorso e verso il 2050 potrà diventare100% rinnovabili. Impianti e ricerche di idrocarburi, mega centrali geotermiche non rappresentano una strategia nazionale degna di questo nome per quanto riguarda l’energia. Ed è per questo che il Consiglio dei Ministri ha respinto la richiesta che veniva dalla Basilicata per quanto riguarda l’insediamento dell’impianto di ricerca di masseria la Rocca. Grazie a tutti sempre che ci siete vicino, ci aggiorneremo nei prossimi giorni. E questo è un altro punto importante, un grande abbraccio a Sergio Bramini, alla grande lotta che ha fatto, dovremmo fare ancora molto di più, ancor di più, per gli imprenditori che hanno crediti nei confronti della Pubblica amministrazione. Nella legge di Bilancio entrerà il pagamento di quei crediti da parte dello Stato agli imprenditori.

Nuovo strumento per gli iscritti: Segnalazioni

Da oggi è online Segnalazioni, un nuovo strumento dedicato a tutti gli iscritti al MoVimento 5 Stelle, che potranno segnalare in maniera puntuale e tempestiva iscritti, candidati e portavoce eletti che non rispettano i principi che stanno alla base del MoVimento 5 Stelle.
Il MoVimento 5 Stelle è una comunità che si regge sul supporto di tutti, e abbiamo bisogno del tuo aiuto per tutelare il lavoro e l’impegno degli iscritti, garantendo equità, merito e giustizia.

Segnalazioni sarà l’unico strumento attraverso il quale avanzare le segnalazioni. Per avanzare la tua segnalazione, dopo aver fatto login su Rousseau, è necessario compilare nel dettaglio l’apposito form inserendo i dati della persona che vuoi segnalare, il ruolo che ricopre (iscritto, candidato o portavoce) e la regola che è stata violata. Ogni segnalazione per essere sottoposta a valutazione deve contenere necessariamente una documentazione completa ed esauriente che dimostri l’effettiva violazione di comportamenti, azioni o condotte segnalati.
Le segnalazioni non supportate da adeguati riscontri oggettivi, assimilabili a “intento persecutorio” nei confronti del segnalato, possono portare all’apertura di una procedura disciplinare a carico del segnalatore.

Sarà il Collegio dei Probiviri, l’organo che vigila sul rispetto dei doveri degli iscritti, a irrogare le sanzioni disciplinari secondo le modalità stabilite dallo Statuto e nel rispetto del Codice Etico.

Scopri Segnalazioni!

Il 22 dicembre sarà #SpazzaCorrottiDay: organizza un banchetto nella tua città

MoVimento 5 Stelle

Eccoci. Siamo qui, siamo il Movimento 5 Stelle. Ancora insieme al termine di questo 2018 straordinario, che resterà impresso nella nostra memoria come un ricordo indelebile. Non semplicemente perché siamo diventati in soli 9 anni la prima forza politica italiana. Ma perché, saliti al Governo, stiamo trasformando in realtà il programma politico su cui si fonda il Movimento 5 Stelle fin dalla sua nascita. Portando avanti una delle battaglie più grandi: la lotta alla corruzione.

Eravamo insieme nel 2007, quando lanciammo l’iniziativa “Parlamento pulito”, con una grande manifestazione, organizzata esclusivamente in RETE, che registrò un successo straordinario tanto da raccogliere quasi 350.000 firme per chiedere che i corrotti restassero fuori dal Parlamento.

Eravamo insieme quando negli anni successivi organizzavamo banchetti e  gazebo nelle strade delle nostre città, superando anni luce, con quel semplice gesto senza nemmeno rendercene conto, i sindacati, i partiti, le destre e le sinistre. Facendo in modo che il nostro messaggio contro la corruzione della politica allagasse come un’onda anomala le piazze italiane, trasformandosi in marea. Anzi, in uno tsunami.

Eravamo insieme e diventavamo sempre di più. Lo racconteremo ai nostri figli, quando ci chiederanno di raccontargli quei momenti memorabili. Felici di esserci senza chiedere nulla in cambio. Ci bastava aver visto nascere qualcosa di nuovo, di inaspettato. E vedere i partiti – dipinti a suo tempo come cancro della democrazia da Enrico Berlinguer – trovarsi soli, senza nessuno, smarriti, le bandiere scomparse, il vuoto attorno a loro.

Eravamo insieme quando milioni di italiani, urlavano un unico grido, “Onestà!”. Quando la massa avvolse il Palazzo, e vi entrò dentro, portando centinaia di cittadini in Parlamento e nelle altre istituzioni. Quando capimmo di non aver perso tutto, che potevamo riprenderci il Paese, che tutto era ancora nostro e che la corruzione poteva essere sconfitta.

Oggi siamo ancora qui insieme. Negli anni scorsi abbiamo elaborato un piano anticorruzione coerente, concreto e condiviso, sintetizzato in un documento che è un manifesto dell’identità del Movimento 5 Stelle: la Carta dell’Onestà. Adesso siamo al Governo. E questo enorme lavoro fatto di passione, di partecipazione, di onestà e di competenza si è tradotto in quella che entro fine anno diventerà legge dello Stato: lo #SPAZZACORROTTI.

L’abbiamo chiamata così, perché è la prima vera legge anticorruzione dai tempi di Mani Pulite. E dopo più di 25 anni, sentivamo tutti l’esigenza di fare pulizia. Ma cosa prevede questa legge? Pene più alte per i corrotti, poliziotti infiltrati per scovare i corrotti, trasparenza nel finanziamento ai partiti, Daspo ai corrotti e molto molto altro.

Per far conoscere questa rivoluzione, politica e culturale, dobbiamo tornare nelle strade. Scendere in piazza, montare un gazebo, esporre una bandiera del Movimento ed informare quanti più cittadini possibile di come cambieranno le cose per corrotti e corruttori a partire dal prossimo anno.

Lo faremo il prossimo 22 dicembre, e lo chiameremo #SpazzaCorrottiDay. In quante più strade, piazze e città saremo presenti, tanto più potremo dire di aver fatto il nostro dovere di cittadini e di attivisti.

Soprattutto, ancora una volta, potremo dire “Io c’ero”. La lotta alla corruzione è una battaglia troppo importante per non esserci.

Scarica QUI i volantini da stampare e da diffondere nel tuo gazebo durante lo #SpazzaCorrottiDay.

Ci vediamo nelle strade della tua città il prossimo 22 dicembre. Grazie di cuore a tutti gli attivisti che organizzeranno un banchetto o un gazebo.

TAV is the new black

di Beppe Grillo – E’ curioso come, a difendere un buco mai fatto in val di Susa, troviamo persone che riferiscono di appartenere a tutto lo spettro delle realtà produttive. Dal piccolo artigiano al medio-industriale i nuovi borghesi trovano un vessillo assolutamente futuristico sotto il quale riunirsi.

Non è una bandiera, neppure una coccarda oppure un trattato di qualche parruccone: è una realtà fisica enorme, costosa e inquinante.

L’unica cosa che mantiene in comune con un simbolo è la sua inutilità. Accidenti, con una bandiera puoi bendartici una ferita di battaglia, con la TAV, l’accelleratore di mozzarelle, non ci fai nulla.

Perché, perché, queste persone per bene e pulite si sono lanciate verso l’uso di simboli appartenenti mastodonticamente al mondo reale e costosi come poche cose possono esserlo a sto mondo?

Perché confondono il progresso con lo sviluppo, e credo che non se ne accorgano neppure.

Pasolini chiariva la differenza fra queste due parole al di là di ogni ragionevole dubbio, in un brano del 1975 in “Sviluppo e progresso” pubblicato due anni più tardi da Garzanti. Sviluppo… qualsiasi cosa, solitamente concepita da un’impresa, che la trova come unica beneficiaria del vantaggio economico che comporta.

Esattamente come la TAV, ci guadagnerà soltanto chi la costruirà.

La parola “progresso” implica una “nozione sociale” di miglioramento della qualità della vita. Qualcosa che nulla c’entra con la TAV, per ragioni che siamo stufi di ripetere e che, ripetendole, ci si stufa senza ne progresso e ne sviluppo.

La vera curiosità è rivolta a questa brava gente che mette il PIL insieme al progresso, compie questo gioco di prestigio…. ma perché? La ragione è soltanto una, fare qualcosa di inutile e costoso crea un senso di rassicurazione in molte persone. E’ lo status symbol a costo zero per te che lo acclami, che addossi alla comunità perché il menefrego della neonata classe del PIL è il vero, nuovo, menefrego di oggi.

Gilet Gialli: quando una cosa a La Repubblica non piace, ecco che diventa fascista


Come sapete, in Francia è in corso la ribellione dei gilet gialli. Il gilet giallo è quel gilet che si tiene in automobile e lo si indossa per andare in strada per segnalare una situazione di emergenza o di pericolo. Rappresenta quindi un elemento di sicurezza, è un qualcosa a garanzia dell’automobilista, ed è diventato l’indumento simbolo di una protesta.

La protesta di chi, ad un certo punto, non riesce neanche a sopportare, nel bilancio familiare o nel bilancio di una piccola impresa, un rincaro del gasolio. Evidentemente da una piccola notizia scaturisce una grande ribellione. Perché? Perché il Governo Macron ne deve aver combinate talmente tante nel suo impianto neoliberista che anche il rincaro del gasolio diventa l’elemento scatenante di una protesta e di una ribellione che nasce dal basso.

Questa, infatti, è una protesta popolare. Una protesta che, ad un certo punto, sfocia in una ribellione, una forma di “violenza” che non è dissimile dalla violenza che il mondo finanziario rivolge, di contro, a queste stesse persone. Se, dunque, le persone arrivano a infiammare le strade, se arrivano attraverso delle manifestazioni dure a esprimere il proprio forte, fortissimo dissenso, ecco allora che per il quotidiano La Repubblica diventa una ribellione fascista.

Ecco cosa scrive La Repubblica:
“La rabbia anti-Macron brucia Parigi: i gilet gialli vogliono l’insurrezione. Battaglia a due passi dall’Eliseo, i violenti infiltrano il movimento, spuntano svastiche e saluti fascisti”.
Ecco, quando una cosa a La Repubblica non piace, ecco che diventa fascista, si marchia di infamia. Ed ecco che quindi, affidandosi a Ellekappa, la vignettista de La Repubblica, il quotidiano dipinge i gilet gialli come nient’altro che dei gilet neri, i gilet fascisti appunto.

La Repubblica sta commettendo un errore grave perché sottovaluta, con il suo solito punto di vista elitario e fighetta, una protesta che nasce dal basso. La Repubblica scrive la propria cronaca, e tutte le proprie cronache, con la “R” moscia, la “R” moscia dei salotti radical chic, dei salotti fighetti, di quei salotti che provano fastidio verso il popolo.

La Repubblica non può vedere la densità sociale di questa protesta dei gilet gialli, non può vedere la forza di questa ribellione. Perché? Perché è tifosa di Macron, è tifosa di quelle politiche neoliberiste. E questa è una cosa grave, perché se la protesta deve essere per forza raccontata in maniera falsa, come sta facendo La Repubblica, ecco che non si favorisce la libera stampa. Ecco dove, a mio avviso, si annida un problema di libertà editoriale, di libertà di pensiero giornalistico.

Perché ciò che magari c’è stato in piccola parte all’interno di questa protesta, ovvero qualche possibile imbecille che avrà esposto la svastica o che magari ha fatto il saluto fascista, ecco che per La Repubblica diventa la connotazione complessiva della rivolta e della ribellione dei gilet gialli. Ma su questo La Repubblica è falsa. È falsa perché sta piegando la realtà a seconda del suo volere editoriale.

Un’azione simile, in chiave più ridotta, la fa anche Il Corriere della Sera a proposito degli imprenditori. In “La solitudine dell’impresa” dedica due pagine all’inchiesta firmata da Dario di Vico, in cui si dice che il Governo lascerebbe soli gli imprenditori. Scrive: “Il paradosso di un Paese con tante aziende che non comprende il loro peso nell’economia. Aumentano le chiusure e calano le aperture, ma il tema non è centrale nel Contratto di Governo”.

Non è così. Dario di Vico dovrebbe dire che tale “solitudine” non è affatto nel Contratto di Governo. La solitudine dei piccoli imprenditori, quelli che rappresentano la rete economica di questo Paese, è invece provocata da quella Confindustria che ha dimenticato di vedere il popolo dei capannoni. L’imprenditore non è affatto abbandonato da questo Governo. Un Governo che, al contrario, sta attuando politiche per incentivare i consumi, aiutare i piccoli e medi imprenditori, e sostenere le famiglie.

E tutto sommato se in Italia non c’è una rivolta dei gilet gialli è perché il MoVimento 5 Stelle è al Governo.

PsicoAnalisi della valorizzazione termica e affettiva

di Beppe Grillo e il suo neurologo – Il libero scambio dei rifiuti da valorizzare, fra regioni e stati europei, è davvero affascinante. Uno scambio di prodotti di scarto che viene narrato in tono fiabesco e vantaggioso.

A Copenaghen, il termovalorizzatore avrà una pista da sci sul tetto, una monumentale torta in faccia al primo principio, secondo il quale nulla si crea e nulla si distrugge, tutto si trasforma. Vale per qualunque trasformazione, reazione chimica e tipo di combustione. E’ quel “nulla si distrugge” a non piacere, sono tutti offesi dalla questione che è impossibile fare scomparire qualcosa.

Dovete considerare che questa infantile, quanto gerontocratica pretesa di mandare nel cesso le basi fondamentali del sapere, vede i suoi padri nei fondatori della finanza creativa. Visto che è possibile creare valore dal nulla, addirittura dai titoli tossici, sarà certamente possibile tornarci al nulla. Di nulla, grazie si figuri, è proprio questa logica che ci ha messo ripetutamente nella merda secola seculorum.

Ma, a proposito di merda, ricordate Sigmund Freud? Lo sviluppo, secondo il padre della psicanalisi, attraversava tre fasi, che definiva così: orale, anale e fallica (seguite dalle meno note fasi della latenza e quella genitale).

Ma pensate a questo va e vieni di rifiuti che circolano da un paese all’altro: sembrano tanti bambini con il pannolino che si scambiano di tutto: giocattoli, sorrisi ed escrementi. Una scena gioiosa che si magnifica sino ai macrosistemi con treni di schifezze di ogni genere che vegono prima pagati dal “produttore” per essere poi valorizzati dal consumatore (sembra incredibile, come un investimento di merda).

Termovalorizzatore… che termine stupefacente, che meraviglia del superamento dei limiti dell’impossibile e dell’Accademia della Crusca. Secondo i nostri si tratta di “una parola ben formata, con un prefissoide (termo-calore) altamente produttivo e dal nome d’agente valorizzatore” (è fantastico “ben formata”) “a sua volta formato sulla base del verbo valorizzare con il suffisso –tore (quindi colui che valorizza).” Eppure, dopo questa partenza con il botto, gli accademici più odiati dal diavolo* concludono: “…stando così le cose, una denominazione più esaustiva e meno ambigua dovrebbe essere quella di inceneritore con termovalorizzazione (ha circolato inceneritore con recupero energetico, che non ha avuto molta fortuna)…”

Ogni tanto, citare L’Accademia, evoca un piacere sottile: saranno anche un po’ pignoli ma neppure a loro è sfuggita: dalla “ricerca di brevità, propria del linguaggio tecnologico, ne è derivata la semplificazione, che ha anche spostato il maggior carico semantico nel nome di agente dato alla parte dell’impianto che crea valore con la combustione dei rifiuti. Che poi questo spostamento semantico venga anche appoggiato dall’intenzione, da parte di produttori degli impianti e di amministratori, di allontanare nell’opinione pubblica l’idea della pericolosità ambientale e sottolineare il richiamo al valore dell’energia prodotta, è questione che va oltre la competenza del linguista.”

Ora, fatta eccezione per la caduta di stile rappresentata dalla parola “linguista” (quando si parla di certe cose) è tutto chiaro. Insieme alla merda è possibile valorizzare le parole, quindi, se dal letame nascono i fiori vale lo stesso per i rifiuti? E’ tutto possibile in questo mondo fantastico, dove sembriamo tutti tornati alla fase anale (freudianamente parlando) e, con tutto il rispetto per i partner di governo, alcuni siano addirittura regrediti a quella orale. Se la vorrebbero direttamente mangiare da soli, sul piatto di un valorizzatore per provincia!

Perdona, lettore, i continui riferimenti a colture e cultura, ma è di merda che stiamo parlando!

In alto i colon!

E’ possibile sostituire il finale “in alto i colon” con “in alto i culi” secondo gusti e destinazione d’uso (principio del riciclaggio linguistico applicato al mondo reale)

Bruciando un ton di plastica si ottiene energia pari a 6957 BTU, riciclandola e recuperandola 37781 BTU

*il diavolo, che di un nutriente (la farina) sa solo ricavare un benefico facilitatore del transito intestinale alleato (lui si) di intestino e colon! qui di sotto un grafico che rappresenta la differenza, in termini di resa biologica, fra gli inceneritori con termovalorizzatore e il riciclaggio

Gilet gialli, il simbolo dietro al carburante

Partiamo dai fatti: da 15 giorni decine di migliaia di francesi autorganizzati e senza leader protestano in tutto il Paese contro le ultime riforme fiscali del Presidente Macron legate al possesso di autovetture ed in particolare contro l’aumento del costo dei carburanti.

A leggerla così verrebbe quasi da solidarizzare col Presidente data l’insostenibilità del modello occidentale in termini di consumo di risorse e inquinamento atmosferico, ma c’è qualcosa di ben più grande che va oltre il gilet giallo da automobilista divenuto simbolo della rivolta.

Le proteste infatti si sono subito estese in numerosità ma soprattutto in messaggio politico che è presto divenuto di classe sociale e di prospettiva per il futuro. Ancora una volta il popolo contro l’élite e, come secoli fa, dietro le brioche c’è tanto altro.

C’è, soprattutto, una frase di Jean-Luc Mélenchon che riecheggia tra le masse in questi giorni “La verità è che le persone stanno contribuendo alla benzina per pagare un milione di euro per le 100 persone più ricche del Paese”. Una frase che, al di là della speculazione politica che certamente non manca da parte delle sinistre e delle destre francesi, manifesta il fallimento della politica di Macron che doveva riavvicinare i cittadini alle stanze del potere e ha finito per schiacciarli ancora di più.

Una crisi valoriale così profonda da portare il Ministro dell’Interno francese Cristophe Castaner, fedelissimo di Macron, ad una farneticante linea difensiva che va ripescare il più classico e abusato degli spauracchi ovvero la presenza dietro le proteste dei servizi segreti russi e, prima ancora, delle destre estreme.

Una protesta, quella dei “gilets jaunes”, che per certi aspetti possiamo traslare all’intera Unione Europea che non riesce a vedere oltre i confini della finanza, dell’austerità, del rigore fiscale, dei conti in ordine, non facendo mai spazio alle parole fondanti dell’Unione Europea come solidarietà, diritti e benessere.

In queste condizioni la Francia di Emmanuel Macron deve apprendere una lezione netta: è tempo di andare in direzione opposta ponendo al centro dell’agenda di programma esattamente quelle tre parole: solidarietà, diritti, benessere.

Esattamente come stiamo facendo col Governo Conte in Italia dove, grazie alla Manovra del Popolo, mettiamo al centro le necessità sociali a partire dalla lotta alla povertà.

Una manovra espansiva che investe sulle persone e ristabilisce un sano rapporto Stato-Cittadini.

Questo ci fa godere del più alto consenso di sempre per un Governo di cui andiamo fieri non perché ci permette di continuare a governare in modo solido ma proprio perché ci indica che la strada che stiamo seguendo è quella giusta per garantire benessere e tenuta sociale.

È certamente troppo presto per dire come finirà questa storia e certamente non voglio né esaltarla né sostenerla ma, come sempre, dobbiamo cogliere i messaggi che arrivano oggi da tutta l’Europa come un grido di dolore che non può più passare inascoltato.

Non esiste un’Unione Europea vincente se non quella dei popoli che la compongono che si riappropriano dei processi decisionali a discapito delle oligarchiche elitarie.

È questa la strada che dobbiamo seguire e in Italia è finalmente tracciata.

Moneyweek, l’Italia non si inchina alla UE

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La prestigiosa rivista anglosassone MoneyWeek rende conto dell’attuale conflitto tra governo italiano e UE sul deficit di bilancio. Le richieste italiane sembrano assolutamente ragionevoli data la congiuntura economica e la situazione del paese, ma l’UE non vuole transigere dalla sua consueta richiesta di austerità. Le autorità europee contano solitamente sul fatto che “i mercati” costringano i paesi ribelli a piegarsi ai voleri di Bruxelles, ma stavolta le condizioni sono diverse, e le sanzioni UE non possono spaventare nessuno. (fonte: Vocidallestero)

Di Matthew Lynn, 18 novembre 2018

L’Italia sta sfidando la UE sulla spesa pubblica. Ma, questa volta, i mercati non vengono in aiuto di Bruxelles. E questo sarà un bel problema per l’UE.

Gli interessi sul debito pubblico esploderebbero. Le banche sarebbero in pericolo. Le aziende rimarrebbero senza liquidità e i capitali abbandonerebbero il Paese. In breve tempo, si instaurerebbe una spirale negativa. Mentre il sistema finanziario si avvierebbe verso il collasso, il governo “populista” italiano sarebbe costretto ad abbandonare le sue stravaganti promesse elettorali, abbassare i toni, e obbedire agli ordini della UE.

O quantomeno, questo era il copione scritto da Bruxelles quando la Lega e il Movimento Cinque Stelle hanno preso il potere nella prima metà dell’anno. Ciò nonostante, l’Italia ha deciso di aumentare la spesa, sfidando le regole che la tengono soggiogata nell’euro. Il Presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker ha scritto al governo lettere di richiamo. “Le uniche lettere che accetto sono quelle di Babbo Natale” ha risposto Matteo Salvini, il Ministro degli Interni italiano e leader della Lega.

Un problema di copione

Nemmeno i “bond vigilantes” stanno seguendo il copione. I mercati finanziari non possono o non vogliono fare il lavoro di Bruxelles. Forse non dovremmo stupirci. Secondo lo standard dello scorso decennio, il bilancio presentato dal governo italiano non si può certo definire estremo. Qualche riduzione della tassazione e un po’ di spesa pubblica aggiuntiva spingerebbero il deficit al 2,4% del PIL. Solo qualche anno fa paesi come il Regno Unito facevano deficit del 10% del PIL. Quindi il 2,4% non sembra proprio la fine del mondo. Tuttavia, le regole della moneta unica richiedono ai membri di non fare deficit eccessivi. E la commissione insiste che l’Italia debba rivedere il suo bilancio.

Comprensibilmente, il governo ha rifiutato, e viene ora minacciato di sanzioni se non obbedisce. La verità è che una multa in più o in meno non sarebbe molto rilevante. Ma la bancarotta nazionale fa paura a qualsiasi governo, e dovrebbe imporre un cambio di politica. L’Italia ha un debito di 2.100 miliardi di euro, o 131% del PIL. Per alimentarlo, deve pagare miliardi di interessi ogni anno, e rinnovarlo quando arriva a scadenza. Un significativo aumento nel costo del prestito, o la minaccia di tagliarla fuori dai mercati dei capitali, la metterebbero velocemente in ginocchio. È quanto accadde quando la Grecia sfidò la UE, e nel 2011 quando Silvio Berlusconi fu rimpiazzato dal tecnocrate pro-UE Mario Monti. Prima o poi i populisti vengono docilmente costretti all’obbedienza e la crisi è finita.

Solo che stavolta non sta andando proprio così. Gli interessi sui bond italiani sono saliti e le azioni delle banche sono scese. Ma neanche lontanamente in modo catastrofico. Non esiste alcuna vera pressione sul governo perché ceda. Come mai?

La prima ragione è che un bilancio moderatamente espansivo è una politica perfettamente sensata per l’Italia. Si tratta di un paese che non è praticamente cresciuto nei due decenni da quando si è unito all’euro. Nell’ultimo trimestre, è riscivolato nella crescita zero e si trova a un passo dalla recessione. Ha un alto livello di disoccupazione, e un sacco di risorse economiche inutilizzate. Non c’è bisogno di essere John Maynard Keynes per concludere che un po’ di spese pubbliche aggiuntive potrebbero essere appropriate quest’anno. È l’insistenza dell’UE nell’imporre altra austerità ad apparire estremista.

“Too big to fail”

Inoltre, le regole del gioco sono cambiate. Nell’ultima euro-crisi, non si sapeva se la Banca centrale europea sarebbe intervenuta. Gli investitori correvano un rischio concreto di default sui titoli greci e italiani. Quindi non stupiva che gli interessi andassero alle stelle. Ma con la Banca Centrale che attualmente sta stampando migliaia di miliardi di euro, oggi questo scenario sembra molto meno probabile.

Infine, l’Italia è troppo grande perché possa fallire. Il suo debito potrebbe distruggere il sistema bancario di tutta Europa e potenzialmente innescare il collasso della moneta unica. I mercati lo sanno e quindi non faranno il lavoro al posto della UE così come lo fecero nel 2011 e nel 2012.

Nelle prossime settimane il governo italiano potrebbe subire una sanzione tra i 3 e i 4 miliardi di euro. Ma non verrà escluso dai mercati e le sue banche non collasseranno. Proseguirà come se nulla fosse successo. Questo rappresenterà un grosso problema per Bruxelles. Non ci vorrà molto prima che i greci, gli spagnoli e in verità anche i francesi prendano atto che si può sfidare Bruxelles a piacimento, e non c’è molto che Bruxelles possa fare a riguardo.

Inceneritori e termovalorizzatori, due parole lo stesso inganno

di Ilaria Fontana, capogruppo Movimento 5 Stelle Commissione Ambiente Camera

I ‘termovalorizzatori‘ sono inceneritori mascherati dal marketing delle lobby del settore. Come già denunciava oltre 10 anni fa Beppe Grillo, la parola ‘termovalorizzatore’ è un neologismo lanciato in Italia dal marketing delle aziende ex municipalizzate. In primis l’allora Asm Brescia (oggi A2A), che la lanciò insieme ad altri per difendere i propri mega impianti dalla diffidenza e contrarietà della popolazione.
Non esiste la sua traduzione in altre lingue. Provate a digitare “termovalorizzatore” su Google Translator e tradurre la parola in inglese, spagnolo, francese. Uscirà: incenerator, incenerador, incinérateur! Cioè inceneritore!

Capiamo la difficoltà nel difendere tali impianti. L’oncologo francese Dominique Belpomme parla d’inceneritori come di “uno scandalo sanitario” e dichiara che “In un’area fino a 20 km aumentano i tumori”.

Per l’oncologa di ISDE- Medici per l’Ambiente Patrizia Gentilini “sono numerosi gli studi scientifici (anche recentissimi) che descrivono gli effetti sia a breve (esiti riproduttivi, malformazioni, esiti cardiovascolari, respiratori) che a lungo termine (soprattutto tumori). E’ vero che per la gran parte (ma non per la totalità) si tratta di studi che riguardano impianti di “vecchia generazione“, ma dove sono studi epidemiologici che valutano gli effetti a lungo termine degli inceneritori di “nuova” generazione?”. Non ci sono e quindi deve valere il principio di precauzione.

Lo studio Moniter dell’Arpa Emilia Romagna sull’inceneritore di Forlì nel 2011 ha provato un incremento statisticamente significativo del rischio di nascite pre-termine e di abortività spontanea in relazione alle emissioni degli impianti. Quelli che disinformano parlando di ‘termovalorizzatori’ sono gli stessi che oltre 10 anni fa, come oggi, raccontavano la bugia che dagli inceneritori ‘di ultima generazione’ esce vapore acqueo. Come mai allora sono ancora classificati come “impianti insalubri di prima classe‘? Se esce solo vapore acqueo li sfidiamo. Andate in cima ad un camino e inalate a pieni polmoni un’ora al giorno per un mese.

Sono gli stessi che raccontano la bugia che questi impianti “servono per produrre energia” quando oramai anche ex politici fautori dell’incenerimento, ammettono che “l’energia ottenuta dai processi di combustione è inferiore a quella necessaria a produrre la materia vergine, dunque c’è uno svantaggio anche dal punto di vista energetico.

Sono gli stessi fautori dell’incenerimento mascherato che nel 2006 raccontavano che ‘l’inceneritore di Brescia è stato premiato come Campione del del Mondo’. Peccato che a premiarlo fosse stata la stessa ditta che l’aveva costruito: la Martin Gmbh. Un premio fai da te. Come le bufale che si inventano ogni giorno per fermare il cambiamento verso una vera economia circolare previsto nel Contratto di Governo.

Editori in conflitto d'interessi - Primo capitolo: De Benedetti

Oggi continuiamo a parlare di editori in conflitto di interessi, il male dell'informazione italiana. Dopo averli presentati con il post della settimana scorsa, da oggi iniziamo ad analizzarli uno ad uno. Esamineremo gli affari economici e politici di ognuno di loro. Al lettore spetterà il compito di trarre le conseguenze. Dopo aver raccontato gli interessi di ognuno, con successivi post ci occuperemo delle relazioni imprenditoriali e politiche che sussistono tra i vari editori. Diffondiamo il più possibile queste informazioni. Liberiamo l'informazione italiana.

Carlo De Benedetti, tessera numero uno del Partito Democratico, è il capostipite di una famiglia che controlla un universo di mezzi di informazione. Una galassia che fa veramente impressione. Dalla carta stampata alle radio, da nord a sud, attraverso il gruppo Gedi alimenta, giorno dopo giorno, la mappa del potere mediatico italiano con un conflitto d’interessi grande quanto una casa. Com’è possibile che l’informazione di un intero Paese sia nelle mani di pochi?

La famiglia De Benedetti, tramite il gruppo editoriale Gedi, al cui vertice l’anno scorso è salito il figlio Marco De Benedetti, controlla: La Repubblica, La Stampa, Il Secolo XIX, L’Espresso, Radio Capital, Il Tirreno, Il Piccolo, Huffingtonpost.it, espresso.repubblica.it, businessinsider.com, nationalgeographic.it, Messaggero Veneto, Il Mattino di Padova, Gazzetta di Mantova, la Provincia Pavese, la Tribuna di Treviso, la Nuova di Venezia e Mestre, Gazzetta di Reggio, Gazzetta di Modena, la Nuova Ferrara, Corriere Alpi, la Sentinella del Canavese, Il Venerdì, MicroMega, liMes; Radio Deejay, M20, National Geographic Italia.
VI SEMBRA LIBERA INFORMAZIONE QUESTA?

Non deve più sorprendervi la montagna di fango e di menzogne contro il MoVimento 5 Stelle che ogni giorno viene rilanciata su carta stampata, magazine, quotidiani online, radio, tv ed ogni mezzo di informazione che dipende direttamente o indirettamente dalla galassia De Benedetti. Ma chi è davvero Carlo De Benedetti e perché fa la guerra all’unico MoVimento che finalmente porta avanti gli interessi dei cittadini e che non ha rapporti con lobby, mafie, massonerie, corrotti e corruttori, ladri di Stato e tutti coloro che in questi anni hanno spolpato vivo questo Paese e mandato sul lastrico milioni di famiglie italiane?

De Benedetti è innanzitutto noto per essere l’uomo che ha distrutto la Olivetti, la più grande azienda tecnologica del Paese. È stato coinvolto nelle vicende giudiziarie oscure del Banco Ambrosiano, il cui presidente Roberto Calvi venne trovato impiccato sotto il Ponte dei Frati Neri, a Londra, il 18 giugno 1982, e sulla cui morte il Gip scrisse che si trattò di un omicidio che coinvolgeva una parte del Vaticano, della mafia e della massoneria (P2). Nel luglio 2008 è stato anche chiamato a far parte del Consiglio di Sorveglianza di Rothschild Banque (Parigi).

A proposito di banche c’è il caso di Sorgenia, società sull’orlo del fallimento, e dei suoi debiti con le banche vicine al Partito Democratico: i 600 milioni contratti col Monte dei Paschi di Siena e gli 8 milioni con Banca Etruria (legata alla famiglia Boschi). In tutto questo, aspettiamo ancora di leggere inchieste sui morti causati dalla centrale a carbone della sua Tirreno Power.

Ma gli intrecci di potere di De Benedetti non si fermano ai grandi industriali, banchieri e uomini d’affari. È la politica il vero campo d’azione “dell’imprenditore” De Benedetti, una storia che parte da lontano e che coinvolge i maggiori esponenti politici degli ultimi 40 anni: Prima e Seconda Repubblica, da Prodi alla finta guerra a Berlusconi, fino ad arrivare alle telefonate con Renzi sul decreto Banche Popolari, dalla cui operazione di investimento guadagna 600 mila euro, procurandosi un’indagine della Consob per insider trading. Una storia fatta di intrecci e affari con la politica, che gli hanno permesso di superare le sue vicende giudiziarie tra prescrizioni e depenalizzazioni, e diventare un vero e proprio protagonista dietro le quinte della politica italiana.

La sua fedina penale è tutt’altro che immacolata: già nel 1993 è stato arrestato per Tangentopoli, successivamente condannato per falso in bilancio (ma salvato dalla depenalizzazione operata da Berlusconi) e per insider trading ai tempi di Olivetti. Per entrambe ha patteggiato oltre 100 milioni. L’insider trading è una specialità della casa, visto che alcuni membri della sua famiglia furono multati per 3,5 milioni su azioni Cdb Webtech nel 2010.

Pur essendo stato protagonista di alcune delle pagine più controverse della storia del nostro Paese, i media (da lui controllati) lo hanno sempre dipinto come un illuminato imprenditore di sinistra. Una sinistra che in tutti questi anni ha spesso cambiato nome, ma mai padrone. Era lui infatti il vero premier ombra del PD renziano, al punto da ascriversi la paternità del Jobs Act, suggerire norme e addirittura ministri. Un’abitudine di vecchia data, come quando nel 1991 propose a Cirino Pomicino di diventare “suo” ministro: “È il marzo 1991 – racconta Pomicino – Carlo De Benedetti viene a trovarmi al ministero del Bilancio. Mi espone un progetto che sta elaborando con diversi amici, industriali e giornalisti, per affidarlo poi ad alcuni uomini politici. A bruciapelo mi chiede: ‘vuoi essere mio ministro?'”.

Non c’è da stupirsi che questo sistema di potere, che da 40 anni tiene sotto scacco il Paese, attacchi il MoVimento 5 Stelle controllando i mezzi d’informazione e manipolando la realtà. I giornalisti, in molti casi sfruttati con paghe da fame, sono le prime vittime di questo sistema malato. Noi difendiamo la libertà di stampa e per tutelarla ci battiamo contro questi grandi editori impuri, legati a doppio filo alla peggior politica e al grande potere economico-finanziario.

Tagliamo i vitalizi anche ai consiglieri regionali e ristabiliamo equità sociale

di MoVimento 5 Stelle

Dopo aver eliminato i vergognosi privilegi degli ex parlamentari, adesso è arrivato il momento di tagliare anche i vitalizi degli ex consiglieri regionali. In questi primi mesi di governo stiamo dimostrando di mantenere le promesse fatte in campagna elettorale ai cittadini. Un esempio concreto è stato proprio il taglio dei vitalizi agli ex parlamentari. Nella scorsa legislatura ci avevano fatto credere che era impossibile eliminare questo assurdo privilegio voluto fortemente dalla Casta, ma abbiamo dimostrato che tutto questo, invece, è possibile. Basta volerlo.

Ma la nostra battaglia di civiltà, che mira a ristabilire equità sociale nel nostro Paese, non è ancora finita. Adesso è arrivato il momento di tagliare altri scandalosi vitalizi: quelli degli ex consiglieri regionali. Come faremo? Semplice... se le Regioni entro la metà del 2019 non tagliano i vitalizi, noi gli tagliamo i fondi statali destinati a finanziare questi assurdi privilegi. Che sia chiaro: non andremo a toccare le risorse per la sanità, il welfare o altri servizi fondamentali destinati ai cittadini, ma i tagli riguarderanno solo gli sprechi delle Regioni. E tutto questo l’abbiamo scritto nella legge di bilancio. Perché noi non scherziamo quando c’è in ballo la dignità degli italiani.

Vi sembra normale che le regioni da un lato debbano tagliare i servizi ai cittadini perché hanno sempre meno risorse e dall'altro continuino a sborsare fior di milioni di euro per pagare ogni anno i vitalizi agli ex consiglieri regionali? A noi sembra assurdo, anzi surreale e ingiusto.

Un paio di esempi per farvi capire come negli anni la politica ha pensato a tutelare solamente pochi privilegiati:

In Sardegna l'ex vicepresidente del consiglio Claudia Lombardo (Fi) e l'ex assessore Andrea Biancareddu (Udc), sono dei baby pensionati (a 41 anni e 48 anni) con vitalizi mensili da oltre 7 mila euro (lordi). In Lombardia l’ex presidente del Consiglio della Regione Gianpiero Borghini, porta a casa ogni anno 63mila euro. In Abruzzo, invece, l'ex governatore Ottaviano Del Turco, somma al vitalizio da Senatore (che da gennaio 2019 verrà tagliato) anche oltre 28mila euro lordi annui a carico della Regione: per lui doppio vitalizio.

Sapete bene che tutti i PortaVoce del MoVimento 5 Stelle, eletti al Parlamento Europeo, alla Camera, al Senato e in tutti i Consigli regionali d’Italia, rinunciano volontariamente al vitalizio. Abbiamo chiesto più volte agli esponenti delle vecchie forze politiche di fare la stessa cosa… ma niente, non hanno mai voluto mollare questo ingiusto privilegio. Tranquilli: presto noi glielo tagliamo.

Il MoVimento 5 Stelle non vuole inceneritori

Il MoVimento 5 Stelle è coerente sugli inceneritori e rispetta il contratto di Governo. 
Continuiamo, infatti, ad essere sempre a fianco dei cittadini per la tutela della salute e dell’ambiente. La Lega, invece, vuole fare un passo indietro?


di Gianluigi Paragone

Matteo Salvini ha dichiarato che vorrebbe “un termovalorizzatore per ogni provincia”. Non solo, afferma che “chi dice sempre di no provoca roghi tossici e malattie”. Andiamo a vedere se l’ha sempre pensata così, rileggendo una serie di articoli che illustrano la posizione della Lega sugli inceneritori nel territorio nazionale.

“Inceneritori, la Lega attacca il sindaco: fa solo campagna elettorale. Dovrebbe dimettersi.” Questo a Follonica.

A Reggio Emilia “La Lega dice no alla costruzione di un inceneritore”.

“Chiudere il forno inceneritore. La Lega Nord prende posizione contro il teleriscaldamento”, e siamo a Lecco.

“Tutti uniti contro l’inceneritore di Scarlino”
, e c’è anche la Lega.

A Piacenza “Aumento portata inceneritore, coro di no a Iren: non s’ha da fare”.

“Lega strigliata da Milano: ora è contro l’inceneritore Pro-Gest”.


A “Sanremo: inceneritore, Casinò e Ucflor, la Lega Nord chiede un incontro con il Sindaco. Il Consiglio direttivo ritiene che sul territorio Sanremense non si debba in alcun modo insediare un inceneritore”.

A “Trecate: raccolta di firme contro l’inceneritore”.

E ancora “inceneritore Terni: protesta della Lega Nord davanti alla Regione Umbria”.

“Anche Matteo Salvini contro gli inceneritori di Terni: bene l’occupazione del consiglio regionale dell’Umbria”.

A questi territori vogliamo dire che il MoVimento 5 Stelle è coerente e non ha cambiato idea. E che il nostro sì più grande è per la vostra salute ed è per l’ambiente.


Il segreto di Pulcinella dell'informazione italiana

di MoVimento 5 Stelle

Tutti lo sanno, nessuno lo dice. Eppure è l'anomalia dell'informazione italiana. La stragrande maggioranza dei principali giornali italiani a tiratura nazionale è posseduto da editori in pieno conflitto di interessi. Cosa vuol dire? Vuol dire che non sono dediti solo all'informazione, come avviene nei paesi anglosassoni per esempio, ma che hanno più interessi in altri settori (energia, cliniche private, cemento) e addirittura nella politica. Questo comporta che l'informazione fatta da questi giornali deve sempre sottostare agli interessi che ha l'editore nel business e nella politica, due questioni che per anni si sono intrecciate in maniera perversa e anomala. Anziché informare i cittadini, l'obbiettivo diventa orientare l'opinione pubblica dando poca rilevanza a certe notizie, o non pubblicandole, rilanciare notizie tendenziose e in alcuni casi promuovendo vere e proprie fake news per soddisfare gli interessi affaristici o politici dell'editore. Questa non è libertà di informazione, è inquinamento del dibattito pubblico.

Il MoVimento 5 Stelle è per la tutela della libertà di informazione, di stampa e di pensiero. E vogliamo garantire il massimo grado di questa libertà. Ogni volta che ci sono state inchieste eccellenti, come quella di Fanpage sulla camorra in Campania, nel nostro piccolo gli abbiamo dato il massimo del risalto. Il primo fondamentale passo è liberare l'informazione dal conflitto di interessi.

Per lungo tempo il tema del conflitto di interessi è stata all'ordine del giorno nel dibattito pubblico italiano. Si parlava in particolare di Berlusconi che, essendo a capo di un partito e del governo, controllava sia Mediaset, di sua proprietà, che la RAI, tramite la lottizzazione partitica. Oggi non se ne parla più e non perchè il problema sia stato risolto, ma perchè si è ampliato e praticamente quasi tutti gli editori dei principali giornali nazionali si trovano in conflitto di interesse, causando un danno alla qualità dell'informazione italiana che non a caso è considerata dalle classifiche internazionali come parzialmente libera.

La cosa più grave è che il lettore non è informato su quelli che sono i reali interessi dell'editore del quotidiano che acquista e potrebbe quindi pensare che le informazioni che gli vengono propinate siano imparziali, ma così non è. Oppure non viene informato su cose che sono rilevanti per lui, ma scomode per l'editore che preferisce non affrontare quei temi. Anche gli attacchi personali sferrati dai giornali spesso nascondono motivazioni di questo tipo: pensate per esempio al tristemente famoso "metodo Boffo". Questa situazione anomala dei giornali causa un inquinamento generale di tutta l'informazione mainstream. Come sanno tutti se è inquinata la falda del fiume, sarà inquinato tutto il suo corso fino a valle. Così le notizie di questi giornali influenzano la narrazione fatta dalle tv e dai telegiornali perchè partiranno proprio da quelle per raccontare il mondo.

L'invito è a essere informati sulle proprietà dei giornali e a essere dotati di spirito critico sul modo di dare le notizie.
 Ma l'obbiettivo di fondo è quello di sanare questa anomalia tutta italiana e incentivare gli editori a non essere in conflitto di interesse nè con altri settori di business nè con la politica per garantire a tutti un'informazione libera e imparziale. Questa è la battaglia di chi ama davvero l'informazione.

Di seguito riportiamo i top 5 giornali italiani con i conflitti di interesse grossi come una casa, ma su cui tutti fanno finta di nulla. La loro informazione, secondo voi, è libera?

La Repubblica, Marco De Benedetti - interessi industriali - figlio di Carlo De Benedetti, tessera numero uno del Pd

La Stampa, Marco De Benedetti (idem come sopra)

Il Giornale, Paolo Berlusconi - fratello di Silvio Berlusconi, presidente di Forza Italia

Il Messaggero, Francesco Gaetano Caltagirone - interessi industriali

Libero Quotidiano, Antonio Angelucci - interessi industriali

In post successivi approfondiremo il profilo di ogni singolo editore citato, quindi gli interessi industriali e gli intrecci con il partito di riferimento, e anche di altri che non sono affrontati in questa sede. E' importante infine ricordare che quasi tutti questi editori possiedono anche molte testate locali, ma anche questo sarà occasione di approfondimento successiva.

Precisazioni sul Codice Etico del MoVimento 5 Stelle

In riferimento alle notizie di stampa secondo cui ieri il procuratore aggiunto Paolo Ielo, nel corso del dibattimento per il processo che vede coinvolta Virginia Raggi, ha sostenuto che l’ipotetico falso sarebbe stato da quest’ultima commesso perché "in base al codice etico allora vigente nel MoVimento 5 Stelle avrebbe dovuto dimettersi" nel caso di iscrizione nel registro degli indagati si precisa che:
1) non esiste un codice etico antecedente a quello attuale; esiste, invece, un codice di comportamento per i candidati eletti del MoVimento 5 Stelle alle elezioni amministrative di Roma del 2016
2) L’articolo 9 di tale codice prevedeva al capo A l’obbligo per il sindaco di dimettersi “se, durante il mandato sarà condannato in sede penale, anche solo in primo grado” o “l’impegno etico di dimettersi laddove in seguito a fatti penalmente rilevanti venga iscritto nel registro degli indagati e la maggioranza degli iscritti al MoVimento 5 Stelle, mediante consultazione in rete, ovvero i garanti del movimento decidano per tale soluzione….”.

Pertanto non esisteva alcun automatismo ma un meccanismo che comportava una valutazione caso per caso. A conferma di quanto sopra, la stessa sindaca ha correttamente ricordato i casi dei sindaci Federico Pizzarotti e Filippo Nogarin i quali, a seguito della loro iscrizione nel registro degli indagati per due differenti eventi, non si sono dimessi e non hanno subito alcun procedimento disciplinare per tale motivo. Si precisa che il sindaco Pizzarotti è stato sospeso per non aver dato comunicazione del procedimento di cui era a conoscenza da vari mesi e non già per il procedimento in sé.

La stessa Virginia Raggi, pure indagata nel luglio 2016 dalla procura di Roma (procedimento immediatamente archiviato), non ha subito alcun procedimento disciplinare.

Tags: codice etico movimento 5 stelle, federico pizzarotti, filippo nogarin, movimento 5 stelle, virginia raggi

Il vergognoso silenzio della stampa: Parnasi finanziava tutti tranne il MoVimento

di MoVimento 5 Stelle

Basta con i loschi finanziamenti alle fondazioni legate ai partiti, con lo Spazzacorrotti finalmente ci sarà l’obbligo della trasparenza per ogni euro ricevuto e per ogni euro speso!

“Nel corso della storia della nostra famiglia, del nostro gruppo imprenditoriale, noi abbiamo sempre sostenuto il Partito Democratico per somme anche rilevanti”. Sono alcune delle dichiarazioni di Luca Parnasi, l’imprenditore romano indagato per lo scandalo legato alla costruzione dello stadio della Roma. Ma negli interrogatori è emerso molto di più: svariati partiti, di destra e di sinistra, erano a libro paga dell'imprenditore, prendevano soldi da Parnasi, ad eccezione del MoVimento 5 Stelle. Sì avete capito bene: di fatto tutti tranne il MoVimento 5 Stelle!

Vi ricordate le prime pagine e gli articoli faziosi e denigratori di giornaloni e siti di qualche mese fa, quando sparavano contro di noi?

Bene. Adesso il solito vergognoso silenzio mentre emerge la verità che, come al solito, non è quella che raccontava la stampa.

Il Movimento 5 Stelle, ovviamente, va avanti con la schiena dritta e con la massima trasparenza che ci contraddistingue da sempre.

La stessa trasparenza che dopo l’approvazione dello Spazzacorrotti dovranno avere tutte le forze politiche e le fondazioni ad esse collegate!

All’interno del disegno di legge, infatti, è prevista una norma relativa all’obbligo della trasparenza dei finanziamenti fatti a partiti e fondazioni. Perché tutti i cittadini devono sapere e conoscere la verità dei fatti e chi finanzia la politica. Sempre!

E su questo non arretreremo mai

Ritorna WiFi4EU: il bando europeo per il Wi-Fi gratis nei piccoli Comuni

di Rosa D'Amato, Efdd - Movimento 5 Stelle Europa

Dopo le nostre sollecitazioni, la Commissione europea ha finalmente riaperto il bando per il programma WiFi4EU, che destina fondi ai Comuni per installare il wi-fi gratuito nelle piazze e nei luoghi pubblici e che era stato rinviato dopo che il sito internet per le candidature era andato in tilt per problemi tecnici. Ci auguriamo che stavolta tutto funzioni regolarmente. Le amministrazioni locali italiane adesso facciano in fretta, dato che per accedere ai finanziamenti il tempo è più che ristretto: il bando sarà aperto mercoledì e si chiuderà venerdì.

L'invito, che è aperto a Comuni o gruppi di Comuni nell'Ue, sarà aperto oggi, 7 novembre alle 13, e chiuderà alle 17 del 9 novembre. Il programma prevede un finanziamento massimo per ogni Comune o gruppo di Comuni di 15mila euro per l'installazione di hotspot wi-fi in aree pubbliche. Entro il 2020 saranno disponibili 120 milioni di euro per circa 8.000 comuni in tutta l'Ue. Per presentare la domanda, occorre pre-registrarsi al sito del programma. Finora, un Comune su cinque in tutta Europa si è registrato per accedere al bando. I Comuni che non si sono registrati hanno tempo fino a oggi.


“È ora di fermare la prescrizione, basta corrotti e mafiosi impuniti”

| IL FATTO QUOTIDIANO
Il magistrato che ha indagato sulla Trattativa tra lo Stato e Cosa nostra difende la riforma M5S che blocca l’estinzione dei reati dopo la sentenza di primo grado: “Qualcuno, anche fra noi magistrati, ha cambiato idea. Io no, abbiamo armi spuntate contro i reati dei colletti bianchi. Processi più lunghi? No, svanirà l’in - teresse degli imputati alle tecniche dilatorie. E i dibattimenti dureranno meno”

Corte Ue: Italia recuperi Ici non versata da Chiesa ed enti non profit. Sono almeno 4 miliardi

Il Sole 24 ORE

Lo Stato italiano deve recuperare l’Ici non pagata dalla Chiesa: è quanto hanno stabilito i giudici della Corte di giustizia dell’Unione europea, annullando la decisione della Commissione del 2012 e la sentenza del Tribunale Ue del 2016 che avevano sancito «l’impossibilità di recupero dell’aiuto a causa di difficoltà organizzative» nei confronti degli enti non commerciali, come scuole, cliniche e alberghi. I giudici hanno ritenuto che tali circostanze costituiscano mere «difficoltà interne» all’Italia». Respinto invece ricorso sull’Imu.

Spetterà ora alla Commissione europea recepire la sentenza. Saranno i funzionari della commissaria europea alla Concorrenza Margrethe Vestager, in particolare la Direzione generale della Concorrenza, a dover emanare una nuova decisione valutando, insieme allo stato italiano, le modalità di recupero delle imposte non riscosse dal 2006, anno in cui è entrata in vigore l'esenzione anche per le attività di natura commerciale, fino al 2012, anno di entrata in vigore dell'Imu. Lo stato dovrà quindi attivarsi con i Comuni per stabilire l'entità degli importi da recuperare. Nel caso questo non accadesse, la Commissione può deferire lo stato italiano alla Corte di giustizia per mancato adempimento all'obbligo di recupero con una procedura d'infrazione accelerata.

Il ricorso accolto dalla Corte di giustizia è stato promosso dalla scuola elementare Montessori di Roma contro la sentenza del Tribunale Ue del 15 settembre 2016 che in primo grado aveva ritenuto legittima la decisione di non recupero della Commissione europea nei confronti di tutti gli enti non commerciali, sia religiosi sia no profit, di una cifra che, secondo stime dell’Anci, si aggira intorno ai 4-5 miliardi.

Tutti gli enti non commerciali, sia quelli appartenenti a confessioni religiose riconosciute dallo stato italiano sia quelli legati al mondo no profit, dai partiti alle associazione sportive, subiranno gli effetti della sentenza.

Legale Montessori: sentenza storica 
È «una sentenza storica» e ora, «se l'Italia non dovesse recuperare gli aiuti, si aprirebbe la via della procedura di infrazione, con altri costi a carico dei
cittadini italiani»: è questa la prima reazione dell'avvocato Edoardo Gambaro che, assieme all'avvocato Francesco Mazzocchi, ha presentato alla Corte di giustizia dell'Ue il ricorso della scuola Montessori. «La Commissione sarà obbligata a dare seguito alla sentenza della Corte di giustizia, emanando una nuova decisione e valutando, insieme allo Stato italiano, le modalità di recupero delle imposte non riscosse per lo meno dal 2006», aggiunge l'avvocato Gambaro. La Montessori, sostenuta dai Radicali, nell’aprile 2013 fece ricorso contro la Commissione, ma nel 2016 il Tribunale Ue confermò appunto l’impossibilità di recuperare quanto dovuto.

«Non abbiamo nulla contro la chiesa - dice Carlo Pontesilli, esponente del Partito Radicale che assieme a Maurizio Turco ha presentato 12 anni fa il primo ricorso contro l'esenzione dall'Ici per gli enti non commercialie - non è una
battaglia ideologica. Il nostro interesse è quello della collettività, della parità di trattamento per tutti: tutti i cittadini sono uguali di fronte alla legge, anche quella tributaria».

La Commissione Ue aveva riconosciuto all’Italia l’«assoluta impossibilità» di recuperare le tasse non versate nel periodo 2006-2011 dato che sarebbe stato «oggettivamente» impossibile sulla base dei dati catastali e delle banche fiscali, calcolare retroattivamente il tipo d’attività (economica o non economica) svolta negli immobili di proprietà degli enti non commerciali, e calcolare l’importo da recuperare.

La Corte di giustizia, pronunciatasi in Grande Chambre, ha invece annullato (sentenza cause riunite C-622/16 P e a.) sia la decisione della Commissione europea che la sentenza del Tribunale Ue, spiegando che tali circostanze costituiscono mere «difficoltà interne» all’Italia, «esclusivamente ad essa imputabili», non idonee a giustificare l’emanazione di una decisione di non recupero. La Commissione europea, si legge nella sentenza, «avrebbe dovuto esaminare nel dettaglio l’esistenza di modalità alternative volte a consentire il recupero, anche soltanto parziale, delle somme». Inoltre, ha ricordato che i ricorrenti erano situati «in prossimità immediata di enti ecclesiastici o religiosi che esercitavano attività analoghe» e dunque l’esenzione Ici li poneva «in una situazione concorrenziale sfavorevole (..) e falsata».

La Corte di giustizia ha ritenuto invece legittime le esenzioni dall’Imu, l’imposta succeduta all’Ici, introdotte dal governo Monti, anch’esse oggetto di contestazione da parte dei ricorrenti.

Corte Ue: Cei, commercio paghi, ma non danni a servizi 
«Chi svolge un’attività in forma commerciale, ad esempio, di tipo alberghiero, è tenuto, come tutti, a pagare i tributi. Senza eccezione e senza sconti. Detto questo, è necessario distinguere la natura e le modalità con cui le attività sono condotte. Una diversa interpretazione, oltre che essere sbagliata, comprometterebbe tutta una serie di servizi, che vanno a favore dell’intera collettività». Così il segretario generale Cei, mons. Stefano Russo, ha commentato la decisione della Corte Ue sull’Ici. «Le attività sociali svolte dalla Chiesa cattolica - ha aggiunto -trovano anche in questa sentenza un adeguato riconoscimento da parte della Corte di Giustizia Europea. La Corte, infatti, conferma la legittimità dell’Imu, introdotta nel 2012, che prevede l’esenzione dell’imposta, quando le attività sono svolte in modalità non commerciale, quindi senza lucro».

Anci: la sentenza non consente recupero gettito 
«La sentenza della Corte di Giustizia dell’Ue - ha messo in evidenza Guido Castelli, delegato Anci per il Fisco locale - non consente direttamente ai comuni di recuperare gettito e soldi per l’Ici non versata, piuttosto sanziona l’Italia per una norma del 2012 per aiuti di Stato». Secondo Castelli, «questa sentenza riguarda esenzioni che hanno operato tra il 2007 e il 2011 e non interferisce su ciò che è accaduto dopo il 2012».

Maltempo, il governo vicino ai territori in emergenza

di Giuseppe Conte

È da settimane che la nostra Penisola è martoriata da eventi meteorologici particolarmente violenti. Prima la Calabria, la Sicilia e la Sardegna, poi dal 27 ottobre il Veneto, il Friuli Venezia Giulia, le province di Trento e Bolzano, nonché la Liguria e il basso Lazio. Il vento e le intense precipitazioni hanno causato vittime e ingenti danni. Già nei giorni scorsi il bilancio era tragico: 17 persone decedute, tantissime famiglie evacuate, interi territori distrutti.

Le precipitazioni delle ultime ore soprattutto in Sicilia incrementano il tragico bilancio: 12 nuovi decessi e un disperso in provincia di Palermo e nell’agrigentino.

Dobbiamo ringraziare il pronto intervento del servizio di protezione civile e l’intera macchina dei soccorsi per avere soccorso la popolazione e avere garantito interventi di ripristino delle infrastrutture danneggiate per consentire la ripresa, quanto più rapida, delle normali condizioni di vita.

In questi giorni mi sono mantenuto sempre in costante contatto con il Capo del Dipartimento Protezione Civile per avere un aggiornamento continuativo. Dopo avere firmato i provvedimenti necessari a gestire l’emergenza, mi accingo a convocare il Consiglio dei Ministri, la prossima settimana, per deliberare lo stato di emergenza.
Con la deliberazione dello stato di emergenza il Governo disporrà lo stanziamento delle prime risorse e adotterà gli interventi necessari a superare l’emergenza.

Il mio commosso pensiero va alle vittime di queste sciagure e ai loro familiari. E ancora una volta rinnovo la vicinanza a tutte le popolazioni colpite ed esprimo il mio personale ringraziamento alle donne e agli uomini del Servizio nazionale della Protezione civile che sono intervenuti e ancora stanno intervenendo per prestare soccorso.

Questa mattina sono in Sicilia: sto effettuando un sopralluogo nel palermitano e nell’agrigentino. Nei prossimi giorni sarò al Nord: porterò di persona la deliberazione sullo stato di emergenza, non appena l’avremo adotta in Consiglio dei Ministri.

La criminalità dichiara guerra allo Stato, e lo Stato risponde con tutta la sua forza

di Sergio Costa

Già ieri con il ministro della Difesa Elisabetta Trenta abbiamo annunciato più mezzi e uomini a presidiare gli impianti a rischio in Terra dei Fuochi e un impegno straordinario del ministro della Salute Giulia Grillo. Risposte immediate, arrivate a meno di 24 ore dal rogo dello Stir.

Ma è solo l'inizio.

Il 19 novembre in Campania ci sarà una riunione straordinaria di tutti i ministri coinvolti da questa escalation di incendi dolosi insieme con il premier Giuseppe Conte, una presenza forte e significativa in una terra martoriata.
Prenderemo decisioni importanti per tutti i cittadini e per la tutela dell'ambiente, con dei provvedimenti ad hoc di presidio e di controllo, oltre a quelli che stiamo preparando, strutturali, per tutte le Terre dei Fuochi d'Italia.

La criminalità pensa di mettere in ginocchio lo Stato, ma non l'avrà vinta.

I siti di stoccaggio sono già stati censiti in questi mesi, e inseriti nella lista dei siti sensibili. Ma oggi non basta più.

I siti ritenuti dalle prefetture più a rischio, più vulnerabili, più esposti alla longa manus della criminalità, saranno presidiati ulteriormente.

Cari cittadini della Terra dei Fuochi, noi ci siamo, lo Stato c'è.

Siamo sotto attacco, ho detto ieri, e risponderemo con tutta la potenza.

#LaCamorraFaSchifo


Se il Pil non cresce è colpa dell'austerity. Per questo abbiamo deciso di cambiare rotta

Il PIL non cresce. E questo grazie alle scelte dei passati governi fatte per rispettare il rigido rigore dell'austerity. È quella politica a non aver prodotto alcuna crescita, le scelte del nostro Governo sono esattamente le scelte opposte. Basta austerity, stimoliamo l'economia reale!

di Gianluigi Paragone

Vediamo di capire le notizie di oggi.
“Così la crescita si è fermata” titola il Corriere della Sera.
“PIL a zero, Italia ferma nel terzo trimestre. Lo spread torna a salire” (il Sole 24 ore)
La Repubblica “Frena il Pil, crescita zero.”
Allora, vediamo di capire. Si è fermata la crescita e il Pil è pari a zero? Si, è vero.
È vero che negli anni precedenti il Pil saliva? Si, ma forse è bene spiegare come saliva.

Allora, tre anni fa l’Italia, e il Pil italiano, crescevano come due anni fa e come l’anno scorso, ma crescevano molto meno rispetto al Pil nell’Eurozona. Quindi tutti crescevano, l’Italia cresceva meno degli altri.
Tre anni fa era terzultima, due anni fa era penultima, lo scorso anno era ultima. Quindi, nell’Eurozona, la crescita dell’Italia era una crescita molto molto lenta.
Perché tutti crescevano? Lo sapete, le cause di questa crescita, le motivazioni di questa crescita, erano legate in parte al quantitative easing di Mario Draghi, al costo del petrolio e soprattutto al boom di esportazioni. Tutto questo comincia a rallentare e, ovviamente, verrebbe da dire quasi per inerzia, quando sei terzultimo, penultimo e ultimo, va da sé che il countdown finisce con tre, due, uno, zero.

C’entra questo Governo? No.
C’entrano invece tutte le scelte dei passati Governi. Ma non tutte le scelte, sempre la stessa scelta. E quella, cioè, di osservare il rigido rigore dell’austerity. Quella politica non ha prodotto alcuna crescita. Quella crescita che era stimolata da fattori esterni, era una crescita che si registrava dappertutto in Europa. Ma in Italia si cresceva molto meno. Quindi quando oggi, leggendo i giornali e sentendo i commenti delle opposizioni, sentite dire che è colpa del Governo, è colpa delle scelte sciagurate di questo Governo, ovviamente non c’entra nulla.

Le scelte del Governo sono esattamente le scelte opposte. Quella di dire basta con la rigida austerità, bisogna stimolare la crescita dell’economia reale. Ed è esattamente quello che stiamo facendo. Anche recentemente l’importante economista americano Allen Sinai ha detto: “tra le politiche di questo Governo e il rigore un po’ ottuso dell’Unione Europea, io scelgo le politiche di questo Governo.”
Perché l’economia va stimolata ed è quello che stiamo facendo. Quindi al di là delle notizie così come vengono scritte, c’è la lettura del fattore macroeconomico.

L’anno scorso e nel tempo precedente noi eravamo terzultimi, penultimi, ultimi.

I dati ISTAT ci danno ragione: è ora di una politica economica espansiva! E' ora di una #ManovraDelPopolo

di MoVimento 5 Stelle

I dati Istat parlano chiaro: nel terzo trimestre 2018 il Pil si è fermato, mentre su base annua la crescita è diminuita dall’1,2% allo 0,8%. A chi ci attacca, come il bugiardo seriale Renzi, ricordiamo che il risultato del 2018 dipende dalla Manovra approvata a dicembre 2017, che è targata Partito Democratico. Tutti sanno che la nostra Manovra del Popolo deve ancora essere approvata e non può aver avuto nessun effetto sul rallentamento in atto.

Anzi, se abbiamo alzato il deficit, scontrandoci con la Commissione Europea, è proprio perché vogliamo dare impulso ad un’economia che il Pd ha condannato ad una lunga stagnazione. Dobbiamo reagire all’annunciato fallimento dei governi Letta, Renzi, Gentiloni e lo faremo rilanciando gli investimenti produttivi, aumentando il reddito degli italiani in difficoltà e abbassando la pressione fiscale sulle imprese. Queste misure saranno in vigore a partire dal 1° gennaio 2019 e non arretreremo davanti a niente e nessuno per garantire agli italiani una politica economica finalmente espansiva.

L’economia che ereditiamo dal Partito Democratico è fragilissima, esposta al minimo cambiamento della congiuntura internazionale. L’Italia è uscita dalla recessione nel 2014 grazie ad un miglioramento dell’economia mondiale, ma non appena quest’ultima ha rallentato la crescita italiana si è bloccata. Il contributo del Pd è stato nullo. Gli ultimi tre governi hanno vivacchiato sulle esportazioni, tagliando nel frattempo gli investimenti produttivi (oggi al minimo storico), distruggendo i diritti dei lavoratori e alimentando una spirale di precarietà e bassa domanda interna. Una volta spediti a casa dagli elettori questi falliti provano a rifarsi la verginità attribuendo ad un governo in carica da pochi mesi i risultati negativi di quest’anno.

A Renzi e compagnia vogliamo rinfrescare la memoria: nella Nota al Def 2017 Gentiloni e Padoan programmavano una crescita 2018 all’1,6%. Oggi l’Istat ha dimezzato le previsioni del Pd: l’Italia è ferma allo 0,8%.

Noi sulle macerie di un’economia che è ancora sotto i livelli di 10 anni fa abbiamo vinto le elezioni. Stiamo governando con grande responsabilità, nell’interesse dei cittadini, chiudendo la stagione disastrosa dell’austerità. Tutto questo nonostante il Partito dello Spread tifi contro l’Italia e gli italiani. Dopo averci portato sull’orlo del precipizio, questi scellerati vorrebbero vedere il Paese precipitare per dare la colpa al governo del cambiamento. Davvero pensano che gli italiani siano così stupidi? Con la Manovra del Popolo tireremo fuori il paese dalle sabbie mobili in cui il Pd l’ha infilato.

Forza Italia, il Pd e l'eurocasta che non molla i privilegi

di MoVimento 5 Stelle Europa

Forza Italia, il Pd e i loro amici dell'eurocasta hanno bocciato il nostro emendamento al bilancio 2019 che taglia la pensione privilegiata dei parlamentari europei. La nostra proposta prevede che i politici paghino i contributi come tutti gli altri cittadini e percepiscano una pensione proporzionale a quanto versato. Insomma, vogliamo portare al Parlamento europeo l'esempio virtuoso di Camera e Senato che hanno spazzato via i vitalizi.

Tifano per la Fornero ma si tengono stretti il malloppo della pensione privilegiata che per gli eurodeputati ammonta a 1.484,70 euro solo dopo 5 anni di lavoro. Il privilegio raddoppia con due mandati di attività: 10 anni di lavoro equivalgono a quasi 3.000 euro al mese di pensione che scatta a 63 anni di età. E pensare che ci sono milioni di cittadini che dopo 40 anni di contributi hanno pensioni da fame.

David Sassoli e altri 19 europarlamentari del Pd hanno votato contro il nostro emendamento così come tutti i deputati di Forza Italia. Antonio Tajani non ha votato come è prassi per il Presidente del Parlamento. In una lettera, inviata a Tajani lo scorso 1 giugno 2017, chiedevamo la modifica dell'articolo 14 dello Statuto dei deputati per mettere i deputati europei allo stesso piano dei cittadini ordinari, sia in relazione al calcolo dell'ammontare sia in merito ai requisiti anagrafici e contributivi che garantiscono l'accesso al trattamento pensionistico.

A tutti i politici deve invece essere riservato lo stesso trattamento pensionistico dei cittadini. Questa Europa è forte con i deboli (i cittadini) e debole con i forti (i politici). Alle prossime elezioni europee il Movimento 5 Stelle ribalterà questo schema e con la nostra riforma i cittadini risparmieranno 100 milioni di euro in 5 anni. Per noi cambiamento è sinonimo di giustizia sociale. Il Parlamento europeo deve seguire l'esempio di Camera e del Senato che hanno abolito i vitalizi. Noi non ci arrendiamo.


PER TRASPARENZA PUBBLICHIAMO L'ELENCO DEGLI EUROPARLAMENTARI ITALIANI CHE HANNO VOTATO CONTRO IL TAGLIO DELLA PENSIONE PRIVILEGIO.

Provate a chiedergli perché lo hanno fatto!

Contrari:

PPE - Cesa, Cicu, Cirio, Comi, Dorfmann, Gardini, La Via, Leontini, Martusciello, Matera, Patriciello, Salini.

S&D - Bresso, Briano, Caputo, Chinnici, Costa, Cozzolino, Danti, De Castro, De Monte, Gentile, Giuffrida, Morgano, Mosca, Panzeri, Paolucci, Picierno, Sassoli, Viotti, Zanonato.

ECR - Fitto, Sernagiotto

Astenuti:

S&D - Gualtieri

Verdi - Affronte

M5S e la metafora della rana bollita

Elena Fattori

Alessandro Di Battista nei suoi comizi raccontava una interessante metafora:

"Immaginate una pentola di acqua bollente. Una rana non ci entrerebbe mai e se qualcuno ce la buttasse dentro, darebbe un colpo di zampa e si salverebbe. Ora immaginate la stessa rana in una pentola di acqua fredda. Il fuoco è acceso e l'acqua si scalda poco a poco. La rana non si preoccupa. Ma la temperatura sale ancora, l'acqua inizia a scottare. La rana ormai è debole, non ha più forza di reagire. Prova a sopportare. Poi non ce la fa più e muore bollita. Abituarsi è deleterio. Sono gli 'abituati' i cittadini più amati dal Governo. Io credo che siamo ancora in tempo a dare quel colpo di zampa prima di finire bolliti. Dipende soltanto da noi. A riveder le stelle!".

Ecco, ora immaginate se in uno dei tanti comizi e convegni appena qualche mese fa avessi raccontato questo:

"Il Movimento 5 stelle non fa alleanze, ma noi cambieremo il termine, ci alleeremo con la Lega e chiameremo questa alleanza "Contratto". Ricordate la bella presentazione dei ministri 5 stelle che vi avevamo chiesto di votare? Perché il Movimento presenta la sua squadra prima delle elezioni così il popolo può scegliere i suoi ministri. Ecco, non c'entra niente con la squadra di governo che verrà, ma voi non ci farete troppo caso. Avremo un presidente del Consiglio non eletto dal popolo a voi totalmente sconosciuto, come ministro dell'Interno Matteo Salvini, e un ministro della Famiglia "tradizionale" forse un po' omofobo, ma pazienza. Poi diremo sì alla Tap, si all'Ilva, valuteremo costi/benefici per decidere sulla Tav e anche sul Ceta ci ragioneremo. Faremo un condono fiscale e uno edilizio. Ed eleggeremo come presidente del Senato una berlusconiana doc.

Per quanto riguarda il tema migranti scordatevi il saggio piano 5 stelle di accordi con i paesi di provenienza, lo smantellamento dei grandi e orribili centri di accoglienza che generano conflitti sociali e disagi per i cittadini. Scordatevi la gestione pubblica dell'accoglienza diffusa, i tempi rapidi per le domande di asilo che consentano di rimpatriare chi non ha diritto ed accogliere con dignità i rifugiati. Toglieremo la gestione di migranti ai Comuni e la affideremo ai privati senza gara di evidenza pubblica raddoppiando i tempi di permanenza da nove a diciotto mesi, favorendo così il business dell'immigrazione. Doneremo 150.000 nuovi clandestini alla criminalità organizzata per il lavoro nero e lo spaccio. Chi invocherà il rispetto del programma 5 stelle rischierà sanzioni e persino di essere espulso per non contrariare l'alleato Salvini".

Mi avrebbero preso per folle o per lo meno mi avrebbero rincorso con torce e forconi. Ma si sa, le rane saltano solo se le butti nell'acqua bollente. Se accendi il fuoco nel pentolone e la temperatura sale piano piano...

Il MoVimento 5 Stelle non si presenterà alle elezioni provinciali

di MoVimento 5 Stelle

La legge Delrio del 2014, ha trasformato le Province in enti di secondo livello togliendogli la rappresentatività diretta. Questi organi politici adesso saranno composti da sindaci e consiglieri comunali che si eleggono tra loro. Le prossime elezioni provinciali si svolgeranno senza alcuna consultazione popolare, sarà il festival delle correnti e degli accordi nei partiti, tra i partiti. Il MoVimento 5 Stelle, coerentemente con quanto ha sempre sostenuto, non parteciperà a queste elezioni.

La riforma non solo ha generato caos rispetto alle competenze, lasciando alle Province quelle relative a scuole, trasporti, ambiente e territorio e demandando alle Regioni di procedere ad un riordino delle funzioni, ma ha ridotto ancora di più la sovranità popolare.

Il MoVimento 5 stelle ha sempre lottato per affermare il principio che siano sempre i cittadini ad eleggere i propri organi legislativi e amministrativi e si è sempre caratterizzato per essere “altro” rispetto ai partiti tradizionali rifiutando accordi e compromessi, candidature in cambio di voti, portando avanti con coerenza il programma elettorale per il quale gli elettori lo hanno votato.

Con un voto in rete si decise di prendere parte esclusivamente alle elezioni costituenti le 14 città metropolitane dove i sindaci delle maggiori città sono chiamati per statuto ad essere anche sindaci di questo ente. Per le città metropolitane si seguiranno le regole già stabilite in precedenza.

Giustizia per Desirée Mariottini!

Luigi Di Maio

È questo il grido di dolore che oggi si leva dal quartiere San Lorenzo e la gente ha ragione a essere incazzata. E lo sono anche io. Desirée aveva 16 anni ed è stata drogata, stuprata e brutalmente assassinata in centro a Roma in uno stabile occupato, in una bolla d'illegalità e degrado la cui esistenza era nota a tutti.
Non posso neanche immaginare cosa stiano provando in questo momento i suoi genitori, la sua famiglia e i suoi amici e niente potrà riportare indietro Desirée. Ma una cosa è certa: deve essere fatta giustizia e alla svelta.
Ci deve anche essere la consapevolezza che questa tragedia è stata causata da una serie di sistemi che non funzionano più da tempo, che hanno letteralmente collassato. Su tutti il sistema immigrazione, il sistema accoglienza, il sistema della pubblica sicurezza, il sistema degli alloggi, il sistema della lotta all'abusivismo. Il risultato è una bomba sociale, che ormai è esplosa, e di cui Desirée è un'altra vittima innocente. Mi ricordo ancora dell’omicidio di Giovanna Reggiani del 2007, assassinata nella stazione di Tor di Quinto da un immigrato rumeno. Allora il governo Prodi rispose con un decreto d’emergenza che conteneva norme che attribuivano ai prefetti il potere di espellere dall'Italia i cittadini comunitari per motivi di pubblica sicurezza, questo avvenne con il sostegno dei ministri della sinistra radicale. 11 anni dopo, però, siamo di nuovo davanti a una tragedia troppo simile. Questo dimostra che la strada da percorrere non è questa. Bisogna agire in maniera sì tempestiva, ma differente. Servono più poteri per il sindaco di Roma.
Roma è una realtà unica nel suo genere per complessità e per stratificazione dei problemi nel corso degli anni. Ma la sua gestione è ancora quella ordinaria. I poteri del sindaco sono gli stessi del sindaco di un qualsiasi altro comune italiano, ma le sfide da affrontare sono quelle delle principali capitali europee e mondiali che hanno ben altri sistemi di amministrazione, di gestione e di governo.
Per questo è necessario intervenire al più presto con un decreto per ampliare i poteri del sindaco di Roma e dotarlo degli strumenti adatti per affrontare la capitale e i suoi problemi. Alcuni di questi sono:
1. Più fondi per la prevenzione dei reati, in particolare quelli contro le donne, e per l’assistenza sociale
2. Se c'è un immobile occupato in pieno centro, il sindaco deve poter intervenire di sua iniziativa per sgomberarlo e ripristinare la legalità
3. Se dentro sono presenti immigrati irregolari vanno riaccompagnati nelle strutture a loro dedicate o vanno avviate subito le procedure di espulsione
4. Più poteri per intervenire sulla sicurezza e l'ordine pubblico
5. Più forze di polizia
Non è possibile che ci sia sempre un motivo per lasciare tutto nell'immobilità e nell'illegalità. Anche perché poi a pagarne il conto sono sempre i più deboli, quelli che sono costretti a vivere in queste situazioni di disagio, non certo chi vive nella sua bella villa al sicuro ed è sempre pronto a criticare qualsiasi cosa facciamo per dare una vita più dignitosa e più sicura alle persone.
La legge per Roma Capitale è nel contratto di governo e come tutti gli altri punti, ci siamo impegnati a realizzare anche questo. La prossima settimana inizieranno le votazioni per il decreto sicurezza al Senato. Come governo inseriremo un emendamento per iniziare ad ampliare i poteri di Roma Capitale e del suo sindaco per iniziare da subito a governare la città come i sindaci di tutte le capitali europee ed entro fine anno completeremo gli obbiettivi fissati nel contratto di governo.

Con la legge di bilancio partirà la progressiva abolizione del finanziamento pubblico ai giornali

di Vito Crimi

Da oltre 10 anni sosteniamo che il sistema dell'informazione in Italia è malato. Un perverso intreccio tra politica, editoria e comitati d'affari che ha reso l'informazione sempre meno autorevole e sempre più autoreferenziale. 10 anni in cui gran parte della stampa non ha fatto altro che deriderci, insultarci, offenderci, mentirci. E ha mentito non soltanto a noi, ma anche ai milioni di italiani che ci hanno votato.

Ora che siamo al governo del Paese e possiamo realizzare le proposte che portiamo avanti da dieci anni, continuano a riempirci di fake news:

- dicono che agiamo per vendetta contro i giornali, ma è falso;
- dicono che attacchiamo la libertà di stampa, ma è falso;
- dicono che auguriamo ai lavoratori di perdere il lavoro, ma è falso.

Questo sistema ha visto la politica regalare soldi a tutti i giornali, non solo a quelli di partito ma anche agli altri. Soldi che sono serviti a finanziare editori, a sanare bilanci, a collezionare utili, a tenere in piedi giornali che altrimenti nessuno avrebbe comprato. E malgrado tutte queste elargizioni, l'emorragia di lettori non si è fermata.

Un sistema malato che ha premiato i prenditori e NON i lettori, NON l'informazione, NON la libertà di stampa.

Stiamo parlando di oltre 4 MILIARDI DI EURO elargiti in 15 anni. Ma nonostante l'enorme quantità di soldi pubblici ricevuti, il settore è ancora in crisi.

Forse perché i soldi sono andati ai soli editori, e non all'intero comparto dell'editoria. Oggi i giornalisti si ritrovano precari e sottopagati, sfruttati e senza tutele. Zero tutele anche per altri soggetti della filiera come le edicole (ne chiudono 3 al giorno).

E che dire del lettore, che dovrebbe essere il vero padrone? Il suo diritto ad essere informato è stato azzerato, spento. Anzi, spesso viene considerato come uno scolaro, da indottrinare con il Sacro Verbo dell'editorialista di turno che piega i fatti a sostegno delle proprie opinioni.

Denunciavamo queste cose 10 anni fa da un palco come questo, al secondo V-Day di Torino. E siamo ancora qui a denunciarle. Ma oggi qualcosa è finalmente cambiato. Siamo al governo!

Quindi è con grande orgoglio che vi comunico questa notizia: con la prossima legge di bilancio partirà la progressiva abolizione del finanziamento pubblico ai giornali.

E ora ve la spiegheremo con un po' di numeri.

I contributi ricevuti da alcuni giornali nel 2017 ammontano a circa 60 milioni di euro. Nel 2019 li dimezzeremo e nel 2020 spariranno del tutto.

Poi ci sono i rimborsi per le spese telefoniche: 32 milioni di euro. Rimborsi che vanno a tutti, e ripeto tutti, i giornali. Nel 2019 li taglieremo e risparmieremo altri 32 milioni. Radio Radicale da sola prende un contributo fisso di 4 milioni di euro (oltre alla convenzione col Ministero dello Sviluppo Economico). Anche qui, dimezzamento nel 2019 e taglio totale nel 2020.

I giornali diffusi all'estero prendevano ogni anno 2 milioni di euro. Stranamente, nel dicembre 2017 e a pochi mesi dalle elezioni, il governo Gentiloni ha tirato fuori dal cilindro 1 milione di euro in più per finanziarli. È facile immaginare come abbiano evitato di criticare chi gli ha dato ancor più da mangiare. Ancora, dimezzamento nel 2019 e dal 2020 via del tutto.
Stesso discorso per i giornali in lingua slovena: un solo giornale ha ricevuto un contributo fisso di 1 milione di euro, oltre al contributo che già prendeva insieme agli altri. Via.

Contributi pubblici sono previsti anche per la stampa speciale per gli ipovedenti e non vedenti. Per questo tipo di editoria NON TAGLIEREMO UN CENTESIMO. Anzi, speriamo di riuscire ad aumentare i fondi.

Riassumiamo: IN 2 ANNI RISPARMIEREMO FINO A 100 MILIONI DI EURO. Soldi, questi, con i quali potremo finanziare diverse attività:
- progetti realmente innovativi, al passo con le nuove tecnologie, che abbiano al centro il lettore e favoriscano un vero pluralismo e la verificabilità delle notizie;
- strumenti per un'informazione dal basso, partecipata;
- progetti culturali che sappiano educare i nostri ragazzi ad interpretare correttamente gli innumerevoli stimoli informativi che ricevono;
- sostegno al sistema della distribuzione: penso a quella rete di 28 mila edicole, e quindi 28 mila famiglie, che può ancora offrire tanto in termini di servizi ai cittadini.

Questi non sono annunci, né tweet, né soldi che escono dalla porta e rientrano dalla finestra, come ci hanno abituato. SONO NORME CHE TROVERETE NELLA LEGGE DI BILANCIO. Sono fatti.
Lo abbiamo promesso e lo stiamo facendo in nome della COERENZA che ci contraddistingue.

Salvare l’Italia e l’Europa dai burocrati di Bruxelles

Queste sono le parole rilasciate ieri a Bloomberg TV da David Folkerts-Landau, capo economista di Deutsche Bank:

“L’Italia avrebbe un avanzo di bilancio, se non fosse per il pagamento degli interessi. La cosa più straordinaria è che lo sforzo fiscale dell’Italia è oltre ciò che chiunque altro ha fatto in Europa, ed ha accumulato avanzi primari (al netto degli interessi) per il 13% del PIL, mentre la Germania solo per il 5%. L’Italia, in questo senso, è il paese più virtuoso in Europa, ed ora il fatto di andare da lei con una mazza da baseball e dire “Devi diminuire il tuo deficit affinché sia ‘sostenibile‘ secondo i criteri della Ue” va contro tutte le ragioni e le logiche politiche. Infatti io credo che questa sorta di minaccia, di pressione, da parte della Ue stia radicalizzando la nazione, stia radicalizzando la politica, stia creando un pericolo per l’esistenza dell’Eurozona. Sì, sono fortemente dalla parte degli italiani su questa particolare discussione”.

In poche righe c’è tutto quello che diciamo da mesi. Il principale nemico dell’Europa è questa Unione Europea di burocrati, non certo il governo Conte. Negli ultimi dieci anni i governi tecnici e quelli del Partito Democratico hanno applicato per filo e per segno il dettato di Bruxelles, costringendo un Paese colpito dalla crisi globale del 2008 a restringere il bilancio pubblico, quando serviva esattamente il contrario. I risultati sono sotto gli occhi di tutti: è aumentata la pressione fiscale, è crollato il Pil e naturalmente è esploso il rapporto debito/Pil.

Ora che il Governo del Cambiamento si rifiuta di sacrificare ancora lavoratori e piccole-medie imprese sull’altare dell’austerità, i soliti burocrati minacciano sanzioni, bocciature e vendette da parte dei mercati. La nostra manovra non cambierà, perché è responsabile e coraggiosa. Rappresenta l’unico vero antidoto all’instabilità politica e finanziaria dell’eurozona ed è la premessa per una riforma democratica dell’Unione Europea. Ormai lo riconoscono persino i dirigenti di Deutsche Bank. A difendere l’austerità e le minacce di Bruxelles sono rimasti solo il Partito Democratico e i grandi quotidiani italiani. A salvare l’Italia e l’Europa da chi tifa spread, invece, ci penseremo noi, che abbiamo a cuore esclusivamente il futuro e il benessere dei cittadini

Lettera ai Parlamentari europei: adesso #ByeByeVitalizi anche in Europa

di MoVimento 5 Stelle Europa

Cari colleghi, prima la Camera dei Deputati e adesso il Senato della Repubblica hanno tagliato i vitalizi riservati alla classe politica. Finalmente il Parlamento italiano ha seguito l’esempio di altri 18 Stati europei dove i politici già da molti anni non hanno nessun privilegio. È arrivato il momento di seguire l’esempio virtuoso che arriva dall’Italia e adeguare il trattamento previdenziale anche dei parlamentari europei.

Vi ricordiamo, qualora lo aveste dimenticato, che tutti gli eurodeputati al compimento dei 63 anni di età hanno diritto a un pensione di anzianità a vita pari al 3,5% della retribuzione per ciascun anno completo di esercizio di mandato. Con 5 anni di mandato si matura una pensione a vita pari a 1.484,70 euro al mese. Con due legislature l'assegno raddoppia. I deputati europei inoltre non versano i contributi come tutti i normali cittadini. Questo è un privilegio perché ai parlamentari basta 1 solo anno di legislatura per andare in pensione a 63 anni e avere dunque diritto a un assegno.

La nostra proposta è semplice: cambiare al più presto l'articolo 14 dello Statuto dei deputati del Parlamento europeo che disciplina il trattamento pensionistico degli eletti. Il diritto pensionistico dei membri del Parlamento europeo deve essere in linea con i sistemi previdenziali previsti per i cittadini ordinari, sia per il calcolo dell'ammontare sia per i requisiti anagrafici e contributivi che definiscono l'età pensionabile. Inoltre, chiediamo il ricalcolo dei trattamenti previdenziali che vengono erogati agli ex europarlamentari: nel 2014 questa casta era composta solo in Italia da 192 ex politici che, a fronte di pochi anni di lavoro, percepiscono di pensioni di lusso.

Abbiamo presentato una proposta di risoluzione e inviato una lettera al Presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani. Risposta? Nessuna, eppure il Presidente è sempre molto attivo negli affari di politica interna italiana... Abbiamo presentato la nostra proposta alla Commissione competente, quella Giuridica, ma i coordinatori spalleggiati dai grandi gruppi PPE e S&D - guarda caso gli stessi Forza Italia e Pd che ieri non hanno partecipato al voto in Senato - l’hanno bocciato. Abbiamo presentato un nuovo emendamento al mandato per il trilogo del bilancio 2018 e purtroppo la maggioranza ha ancora una volta detto no.

Non ci arrendiamo. Così come è cambiata l’Italia, cambierà anche l’Europa. Vi chiediamo di sostenere la nostra proposta di buon senso. Con il taglio di questo privilegio potremo finanziare il Fondo sociale europeo e lottare contro la povertà, purtroppo troppo diffusa in Europa.

I baby pensionati d'oro che difendono la Fornero

di Mario Giordano, La Verità

La cosa che mi stupisce in questo dibattito sulle pensioni è che tutti coloro che dicono che "non si può toccare la Fornero perché i conti pubblici, perché sennò costo tanto, perché bisogna lavorare fino a 67 anni, 68, 92, 120 anni, bisogna lavorar tutta la vita", tutti costoro, tutti, godono più o meno di privilegi previdenziali.

A cominciare dal presidente dell'Inps, Tito Boeri,
 che incasserà molto probabilmente una doppia ricca super pensione grazie a un “codicillo” peraltro ispirato da me medesimo, a cominciare dall'ex mister “mani di forbice” Cottarelli, che dice “No, la Fornero, per l'amor del cielo, è sacra”: lui in pensione a 59 anni, oltre 18mila euro al mese dal Fondo Monetario Internazionale, e in più ci costa 6.500 euro per ogni volta che compare per mezz'oretta in tv su Raiuno, ma questo a parte.

I dirigenti di Bankitalia: “No, ma la Fornero è sacra, attenzione, i costi...”. I dirigenti di Bankitalia hanno avuto privilegi pazzeschi: Rainer Masera, tanto per dirne uno, andò in pensione a 44 anni e oggi prende 18 mila euro al mese. Da quattro anni! I giornalisti, i politici, i parlamentari che godono ancora l'abbiamo raccontato, in parte, dei contributi figurativi... tutti! Tutti coloro che dicono “La Fornero non si tocca” hanno un privilegio e dicono a chi sta in fabbrica, a chi sta nei cantieri che “38 anni di contributi vuoi andare in pensione, ma sei matto? Ma chi ti credi di essere, ti credi di essere un Cottarelli? Ti credi di essere un Boeri? No, tu devi lavorare in fabbrica ancora 39, 40, 42 anni!”. Io scusate, ma quando ce vò ce vò, non so dire altro se non che avete la faccia come il culo.


Basta furbi alle urne: da oggi elezioni pulite

La democrazia ha bisogno di elezioni pulite. Con la legge appena approvata alla Camera, ci siamo impegnati per assicurare agli italiani la possibilità di esprimersi in maniera davvero trasparente. Il voto dei cittadini conta, e non può più essere lasciato alla mercé dei soliti traffichini. Per evitare possibili brogli, abbiamo pensato a cabine elettorali speciali, urne semi-trasparenti, e regole più rigide per scegliere i componenti dei seggi elettorali. Inoltre, per evitare che il voto possa essere “comprato” al prezzo di un posto di lavoro, abbiamo previsto lo stop delle assunzioni nelle aziende partecipate durante le elezioni regionali e comunali.

Le novità sono tante, ma l’obiettivo è uno solo: rendere il voto più semplice e più “pulito"perché la volontà degli elettori sia rispettata in pieno. E’ un primo, significativo passo per sottrarre le elezioni dalle mire dei disonesti. Una legge che insieme al reddito di cittadinanza – grazie al quale gli italiani, anche quelli più bisognosi, non si troveranno più nella condizione di essere spinti a dover scambiare le proprie schede con pochi euro- sapranno di poter contare su un sistema onesto. Presto ci occuperemo anche del voto di scambio politico-mafioso, e nessuno sarà più in grado di inquinare la volontà degli italiani.

Il voto non è merce di scambio. Con la nostra proposta non ci saranno più “compravendite”.
Il mercato delle preferenze chiude per sempre, grazie ad accorgimenti semplici ma efficaci. Via i vecchi scatoloni di cartone bianco, che non consentivano di controllare a vista se ci fossero delle irregolarità gravi. Le nuove urne saranno in materiale semi-trasparente, in modo tale da consentire agli scrutatori e ai cittadini di verificare a colpo d’occhio la presenza di schede inserite prima dell’inizio delle votazioni. Vita dura anche per i furbetti dei cellulari. Avete presente i disonesti che scattano foto alla scheda per dimostrare di aver votato per tizio o caio, perché sono stati pagati per farlo? Ora non sarà più possibile fare una cosa simile. Le cabine elettorali saranno chiuse su tre lati e non più su quattro, e “copriranno” la figura dell’elettore solamente per lo stretto necessario. In entrambi i casi, imbrogliare diventa impossibile e la segretezza del voto rimane garantita.

Stop anche alle assunzioni nelle aziende partecipate, nel periodo a ridosso delle elezioni regionali e comunali. Un posto di lavoro in una partecipata è spesso merce di scambio per ottenere voti. E’ una pratica scorretta e dannosa per la democrazia. Per questo abbiamo previsto il blocco delle assunzioni nei 60 giorni che precedono e seguono le elezioni.

Norme più severe anche per la composizione del personale che lavora ai seggi. Basta con scrutatori nominati da consiglieri comunali e politici locali. Anche per questo, serve la massima trasparenza. La nostra proposta prevede che gli scrutatori siano estratti a sorte dall’albo, durante una seduta pubblica. Inoltre, oltre alle limitazioni che esistono già, abbiamo stabilito che anche chi è stato condannato in via non definitiva per reati contro la pubblica amministrazione o per mafia, non potrà fare lo scrutatore. Presidenti e segretari di seggio, hanno un ruolo molto importante, e dato che sono chiamati a garantire che tutto si svolga in modo regolare, devono essere persone assolutamente “trasparenti”. Con la nostra proposta stabiliamo che non possano essere parenti dei candidati né condannati per reati gravi.

Presidenti e segretari di seggio, cioè coloro che dirigono le attività di voto nelle sezioni, hanno un ruolo fondamentale: garantiscono che tutto si svolga in modo regolare. È importante quindi che siano persone trasparenti. Per questo, con la nostra proposta stabiliamo che non possano essere parenti dei candidati né condannati per gravi reati, come quelli contro la Pubblica Amministrazione (ad esempio corruzione) o mafia.

Presidenti, segretari di seggio e scrutatori non metteranno le radici nella stessa sezione
Capita spesso che presidenti, segretari di seggio e scrutatori svolgano questo lavoro sempre nella stessa sezione. Così c’è il rischio che prendano sempre più confidenza con gli elettori di quella zona e, se hanno cattive intenzioni, possano manipolarne il voto. Con la nostra proposta stabiliamo un sistema di turni: le persone che hanno questi ruoli non potranno essere nominati per più di due volte consecutive nella stessa sezione.

Le elezioni sono anche una opportunità di lavoro. Per questo abbiamo voluto inserire una regola per favorire chi non ha un impiego: il 50% degli scrutatori sarà sorteggiato tra i disoccupati iscritti alle liste. Per “svecchiare” gli albi abbiamo abbassato il requisito dell’età. Con la nostra proposta lo scrutatore “più anziano” potrà avere al massimo 65 anni.

Voto facile per i fuori sede. Conosciamo bene la situazione di chi vive lontano dalla località di residenza, soprattutto al Sud Italia: sempre più persone, per motivi di studio, lavoro o salute, si trovano lontano dal Comune di residenza. Questo impedisce di esprimere la propria opinione attraverso il voto. È per questo che proponiamo di permettere ai fuori sede di votare anche nel luogo in cui vivono al momento delle elezioni europee e dei referendum. Anche questo è un incentivo alla democrazia.


Tutta la verità sugli F35

di Elisabetta Trenta, Ministro della Difesa

Buongiorno a tutti, in questi giorni leggo presunti articoli o blog che ci accusano di aver proceduto all'acquisto di nuovi F35. Sono falsità! E queste falsità c'è chi le dispensa per propria ignoranza (non li biasimo dopo tutto, non è una colpa, ma li invito a leggere e a studiare i documenti) o per manifesta malafede.

Soffermiamoci però sulla malafede, che è più grave: è sorprendente che esponenti del Partito Democratico sventolino in giro e sul web dichiarazioni in cui affermano che il M5S sta comprando nuovi cacciabombardieri. Sapete perché? Perché i lotti 13 e 14 sono stati impegnati proprio dal Partito Democratico! E sapete quando lo hanno fatto? A tre mesi dalle elezioni, pur sapendo che non le avrebbero mai vinte.

Questa è la verità, parlano le carte (eccole). Ora, io sto lavorando - con grande senso di responsabilità anche verso l'indotto occupazionale e il comparto delle imprese italiane coinvolte nel progetto - per cercare di mettere ordine nel caos che ci hanno lasciato.

Ma è questo il punto: io lavoro, loro vaneggiano. Passiamo la mano e andiamo avanti.
Presto vi dirò la soluzione che abbiamo individuato e lo farò nel modo più trasparente possibile. Anche perché, sia molto chiaro, io non ho nulla da nascondere. Se c'è qualcuno che ha qualcosa da nascondere, oggi, siede tra i banchi dell'opposizione. Viva le Forze Armate! Viva l’Italia!

Chiesti 10 anni di condanna per l'AD di Autostrade (e i giornali muti)

di Luigi Di Maio

Ormai per trovare le notizie vere bisogna andare o sui social o sulle testate locali. Sui giornaloni nazionali come Repubblica e Corriere non c'è traccia di questa notizia enorme! La procura di Avellino ha chiesto 10 anni di carcere per Giovanni Castellucci, amministratore delegato di Autostrade per l’Italia per la strage del Viadotto di Acqualonga. E 10 anni in concorso anche per gli altri vertici della società.

In attesa che si faccia chiarezza sulla tragedia del Ponte di Genova e alla luce della richiesta del procuratore di Avellino, l'Ad Castellucci oggi dovrebbe fare un passo indietro e dimettersi.

È evidente che il sistema delle concessioni così come è ora non funziona più e va cambiato. È necessario puntare i riflettori sulle cose che non vanno. I giornali che nascondono queste notizie fanno un pessimo servizio di informazione al Paese. Se avessero fatto coraggiose inchieste sullo stato delle autostrade italiane anziché limitarsi a prendere i soldi per le pubblicità dai Benetton, oggi forse la situazione sarebbe migliore.

Lettera aperta al direttore di Repubblica

di Giuseppe Conte, Presidente del Consiglio

Gentile Direttore,

lo scorso week-end, sabato 6 ottobre e domenica 7 ottobre, il Suo quotidiano, che sin dal giorno in cui ho ricevuto l’incarico di avviare questa nuova esperienza di governo mi ha riservato astiosi attacchi, sciorinando falsità e diffamazioni del più variopinto tenore, mi ha dedicato due articoli che mirano a persuadere il lettore circa la presunta illegittimità del concorso con cui sarei diventato professore “ordinario”.

I titoli, riportati anche in prima pagina sono di per sé eloquenti: sarei diventato professore ordinario perché “promosso dal mio maestro e socio [di studio]”, e perché “lavoravo … e avevo rapporti di affari con chi dopo pochi mesi fu mio commissario”.

Già in passato ho chiarito che non intendo rispondere alle diffamazioni del Suo giornale promuovendo azioni penali o anche solo civili di risarcimento dei danni fin quando rivestirò l’incarico di Presidente del Consiglio. Considerato questo alto ufficio, infatti, non ritengo opportuno avvalermi degli strumenti di tutela giudiziaria che pure sono posti a disposizione di tutti i cittadini. Sono cresciuto e mi sono formato nel culto del principio della libertà di stampa e anche adesso che ho la possibilità di constatare, sul piano personale, come di esso si possa fare un uso così insistentemente malaccorto, rimango fermo in questa mia convinzione.

All’inizio della mia esperienza di governo sono rimasto sorpreso di scoprire che quando questo giornale mi attaccò sulla mia esperienza di studio alla New York University non si premurò - eppure sarebbe bastato leggere le precisazioni riportate da altri giornali italiani - di pubblicare le complete e inequivoche dichiarazioni della portavoce della medesima Università, che attestavano i miei soggiorni di studio estivi dal 2008 al 2014 (addirittura due anni in più di quanto riportato nel mio curriculum).

Come pure sono rimasto sorpreso, in occasione degli attacchi ricevuti per la mia partecipazione al concorso dell’Università La Sapienza, di leggere sul suo giornale che il concorso sarebbe stato “confezionato a mia misura” senza che nessun elemento fosse fornito a supporto di questa gravissima affermazione. Per tutta risposta il Suo giornale mi ha perfino accusato di essermi ritirato dal concorso tramite una dichiarazione video-registrata diffusa via internet, priva di valore giuridico, fingendo di ignorare o non preoccupandosi di verificare – cosa è più grave? - che lo stesso giorno avevo inviato una comunicazione formale certificata (pec) alla segreteria amministrativa del concorso.

Anche gli articoli pubblicati lo scorso week-end circa la presunta illegittimità del mio concorso da ordinario sono privi di qualsiasi consistenza, e si affidano a consumati espedienti retorici al fine di suggestionare il lettore. Avrei lasciato perdere anche in questo caso, solo che pur di attaccare me, per fatti che risalgono al 2002, finite per scagliarvi contro il professor Alpa, una delle nostre riconosciute eccellenze in campo giuridico, giurista unanimemente apprezzato in Italia e all’estero. E questo non è giusto perché Alpa è fuori dalla contesa politica e in ogni caso non merita attacchi così palesemente strumentali e diffamatorii!

Chiarisco allora che il prof. Alpa non è, propriamente, il mio “maestro”. Sul piano accademico il mio maestro è il prof. Giovanni Battista Ferri, con il quale mi sono laureato alla Sapienza e sotto la cui guida ho iniziato a svolgere attività di ricerca scientifica e di assistente universitario. Il prof. Alpa l’ho conosciuto diversi anni dopo, quando ormai ero ricercatore all’Università di Firenze, derivandone sicuramente grande giovamento per l’affinamento della mia formazione di studioso.

A differenza di quanto riportato, io e il prof. Alpa non abbiamo mai avuto uno studio professionale associato né mai abbiamo costituito un’associazione tra professionisti. Sarebbe bastato ai suoi giornalisti chiedere in giro, senza profondersi in sofisticate investigazioni, per scoprire che Alpa, all’epoca dei fatti, aveva sì uno studio associato, ma a Genova, con altri professionisti. Mentre a Roma siamo stati “coinquilini” utilizzando una segreteria comune, che serviva anche altri studi professionali, tutti collocati nello stesso stabile, come spesso avviene nel mondo professionale, dove è frequente che diversi professionisti si ritrovino a condividere un medesimo indirizzo professionale, anche solo per economia organizzativa, mantenendo tuttavia distinte le rispettive attività professionali. Peraltro, a conferma della distinzione delle attività professionali vi è il fatto che io ho stipulato un contratto di locazione per l’appartamento sito al piano superiore e Alpa per l’appartamento sito al piano inferiore, entrambi a Roma, in piazza Benedetto Cairoli 6.

Nell’articolo di domenica si torna a rimestare sull’argomento tirando fuori un fatto “nuovo”: io e Alpa saremmo stati incaricati dal Garante Privacy, nel 2001, di difenderlo in un giudizio contro la Rai, quindi prima del concorso. Verissimo. Risulta per caso all’eminente articolista e al Suo giornale che nel caso due professionisti vengano incaricati da un cliente (peraltro istituzionale: Garante Privacy) di far parte del medesimo collegio difensivo si produca una qualche forma di conflitto di interessi tra loro in vista di futuri concorsi? Quale sarebbe la ragione di questa incompatibilità visto che sia io che Alpa abbiamo svolto la nostra attività quali professionisti autonomi e fatturato al nostro cliente ciascuno per proprio conto? Nell’articolo si richiama un parere dell’Anac reso in occasione di un recente concorso universitario che, però, non ha nulla a che vedere con le circostanze di cui sopra.

L’ulteriore elemento di conflitto di interessi, per il Suo giornale, sarebbe che alcune mie pubblicazioni presentate per il concorso sarebbero state ospitate in volumi curati dallo stesso Alpa e che avrei realizzato, prima del concorso e sotto la direzione di Alpa, un progetto pilota sull’insegnamento del diritto privato nelle scuole superiori. La tesi non è ardita. E’ talmente risibile che denuncia chiara malafede. Quindi d’ora in poi tutti i giovani studiosi dovrebbero evitare di pubblicare articoli in riviste o in volumi diretti o curati da autorevoli accademici; diversamente si produrrebbe una incompatibilità e dovrebbero ritirarsi dai concorsi in cui sono stati nominati commissari gli autorevoli curatori o direttori di riviste che hanno ospitato i loro scritti…

Una considerazione finale. Stiamo ragionando di un concorso svoltosi nel 2002. Di un concorso pubblico che si è concluso con l’unanime deliberazione favorevole di tutti i commissari. Nonostante la costante attenzione, anche mediatica, che accompagna da tempo lo svolgimento dei concorsi e nonostante anche la notorietà (non certo del candidato quanto) del commissario, nessuno ha mai denunciato alcunché né ha mai sollevato censure. Immagino, tuttavia, che la ragione per cui state svolgendo queste “inchieste” sia l’amore della verità e lo spirito di “servizio pubblico”, senza alcuna volontà di rimestare fatti noti, distorcendoli per mere ragioni “politiche”…

Torno alla considerazione iniziale. La libertà di stampa è un bene di primaria importanza sul piano assiologico, perché costituisce il fondamento di qualsivoglia sistema democratico.

Ma è legittimo suscitare alcuni interrogativi e promuovere una seria riflessione pubblica senza per questo essere accusati di ledere i princìpi democratici?

Si può sollecitare una discussione invitando Lei e i Suoi giornalisti a valutare se Voi stessi siate davvero consapevoli di quanto preziosa sia la libertà di espressione e di quali implicazioni l’amministrazione di questo “bene pubblico” comporti sul piano delle responsabilità ? Siamo sicuri che le difficoltà con cui attualmente si sta confrontando un po’ tutta la carta stampata siano da ricondurre ai nuovi strumenti info-telematici e non anche, quantomeno in parte, alla rinuncia a coltivare più rigorosamente il proprio mestiere, fidando nell’approfondimento critico delle notizie e nella verifica rigorosa delle fonti?

Vi è piena consapevolezza che anche un giornale è un’intrapresa culturale che deve rispondere ai propri stakeholders e deve “stare” sul mercato? Vi è piena consapevolezza che il rapporto di fiducia con i propri lettori, la credibilità di quello che viene scritto sono i “beni intangibili” che un’azienda giornalistica dovrebbe gelosamente preservare nel proprio esclusivo interesse, anche economico?

Nei mesi scorsi molti dei Suoi giornalisti mi hanno sollecitato a concedere interviste e a riferire notizie di “prima mano”.

Quanto alle notizie, mi darà atto che, nel corso delle varie conferenze stampa, ho sempre risposto in modo puntuale e cortese anche ai Suoi giornalisti. Ci mancherebbe altro. Quanto all’intervista confermo il diniego. Il Suo giornale sta esibendo nei miei personali confronti un’ostilità talmente preconcetta e denigratoria che non intendo rilasciarle interviste.

Considerato però il mio incarico e considerato altresì che Lei è il direttore di una testata giornalistica Le ho rivolto, ormai qualche tempo fa, un invito a venire a Palazzo Chigi. L’ho invitata per avere un confronto sul momento attuale che sta vivendo la carta stampata, sullo stato dell’informazione e su altre rilevanti questioni per il nostro sistema democratico. Ero e resto disponibile a riceverLa, come pure ho fatto con altri direttori di altrettante testate giornalistiche.

L’unica condizione che ho posto è che si possa video-registrare il nostro incontro in modo che avvenga in piena trasparenza e che di esso sia reso partecipe il più ampio pubblico. Lei ha sin qui declinato il mio invito. Che sia la volta buona?

Così il Ministero dell'Ambiente diventa #plasticfree

di Sergio Costa, Ministro dell'Ambiente

Lasciateci gioire di un piccola grande conquista. Distributori di acqua alla spina, munire tutti i dipendenti del ministero di una borraccia, togliamo i cibi confezionati con plastiche non riciclabili sostituiti con imballaggi eco-compatibili. Anche l'asilo aziendale è plastic free.

In 4 mesi ci siamo riusciti.

La riduzione dei rifiuti è importantissima per tutta la filiera di gestione successiva, e ognuno di noi deve dare il proprio contributo. Ma si può chiedere questo solo se il buon esempio viene dalla politica e dalle amministrazioni pubbliche.

Presto sul sito del Ministero dell'Ambiente sarà inserito un contatore dove verranno elencati tutti i soggetti pubblici, gli enti, le associazioni e le aziende che hanno aderito alla campagna #plasticfree

Lo abbiamo detto e lo abbiamo fatto.

Ps: lo so, dobbiamo ridurre tutti gli imballaggi. Anche su questo stiamo scrivendo una legge, che porterà grandi e belle novità per gli imprenditori e per ciascuna famiglia!


Via le pensioni d'oro, dentro il reddito di cittadinanza. Così l'Italia diventa un Paese civile

di MoVimento 5 Stelle Europa

In tutto il resto d'Europa le pensioni d'oro non esistono, in Italia sì. In tutto il resto d'Europa il reddito di cittadinanza esiste, in Italia no. Perché i Commissari europei, così solerti nell'applicare l'austerity, non chiedono e pretendono all'Italia tagli su sprechi e privilegi delle troppe caste che per anni hanno ammorbato l'Italia? In questo caso, saremmo felicissimi di accontentali.

Il Movimento 5 Stelle è al governo per ribaltare questo schema: fra poco in Italia diremo addio alla pensione d'oro e vareremo quei provvedimenti necessari ad abolire la povertà. Restituiremo dignità a tutti i cittadini e non sarà qualche Commissario attaccato alla poltrona a fermarci.

Secondo i servizi di ricerca del Parlamento europeo, che ha incrociato i dati del database Missoc, l'Italia è la pecora nera d'Europa, l'unica che elargisce l'obolo medioevale della pensione d'oro a una casta di privilegiati. Vediamo come stanno le cose in Germania, Belgio, Gran Bretagna, Francia e Spagna.

GERMANIA
Tutti i lavoratori devono sottoscrivere una sorta assicurazione sociale che poi darà diritto alla pensione. Il sistema è dunque interamente finanziato dai contributi e dalle tasse secondo un principio che viene definito "pay as you go", paghi per andare in pensione. In questo tipo di piano pensionistico i beneficiari decidono quanto vogliono contribuire sia detraendo l'importo dalla loro busta paga o contribuendo in maniera volontaria l'importo desiderato in una somma forfettaria. Nel 2017 lo Stato ha erogato un assegno di pensione a 1.263.920 pensionati (tutti gli altri erano coperti da assicurazioni private). Di questi appena 14.315 percepiscono una pensione d'oro, appena l'1,1% del totale.

BELGIO
Anche in Belgio il sistema è contributivo per tutti, ma leggermente differente da quello tedesco. Il principio base è definito "pay as you earn", paghi un contributo che varia in base al proprio salario. I dati aggiornati sono del 2018 e dicono che sono state erogate in totale 39.537 pensioni d'oro.

GRAN BRETAGNA
Il sistema pensionistico è basato su una assicurazione sociale che si basa su una 'flat rate', una tariffa fissa che è una base di contribuzione. L'importo della pensione si basa su quanto versato durante la propria vita professionale. A 66 anni si matura il diritto alla pensione, ma i cittadini possono prolungare la loro vita lavorativa e ottenere in cambio un bonus fisso che si aggiunge alla propria pensione. Più si lavora, più si contribuisce, più alto sarà dunque la propria pensione. L'assegno pensionistico non viene erogato mensilmente ma settimanalmente. Il servizio di ricerca del Parlamento sostiene che "è impossibile per un cittadino inglese raggiungere il livello di 4.500 euro al mese di pensione".

FRANCIA
In Francia il sistema è misto e si prende in considerazione contributi, età e salario del lavoratore. Secondo DREES, studi di ricerca e statistica del Ministero della Sanità francese, l'1,6% dei pensionati francesi percepisce un importo superiore ai 4.500 euro.

SPAGNA
Il sistema spagnolo (PAYG) è finanziato dai contributi, non esiste il sistema retributivo.

La Camera dei deputati ha votato per la calendarizzazione urgente della proposta sul taglio delle pensioni d'oro. La nostra proposta è semplice: tagliare la parte eccedente i 4.500 euro che non corrisponde ai contributi effettivamente versati, eliminando il privilegio. I cittadini percepiscono la pensione in base ai contributi che hanno versato. È arrivato il momento di applicare questo principio per tutti.

La class action passa alla Camera. Avanti per dare sempre più tutele ai cittadini

di MoVimento 5 Stelle

E’ l’ora dei cittadini! Finalmente, la nostra legge sulla “class action” è stata approvata dalla Camera. Presto, gli italiani avranno uno strumento davvero efficace per far valere i propri diritti di fronte a imprese scorrette, banche e “giganti” di ogni tipo. Per anni, ci siamo battuti per dare ai cittadini questa opportunità di giustizia, impegnandoci al massimo per superare le resistenze di chi ha paura che il popolo possa semplicemente difendersi dai soprusi dei potenti. Adesso, la palla passa al Senato.

Ora siamo a un passo dal traguardo: Davide non sarà più solo contro Golia. E’ un tema che sta molto a cuore al MoVimento. Già nella passata legislatura, avevamo lavorato per dare al Paese una norma simile a quella approvata oggi. All’epoca, malgrado i nostri sforzi, il testo rimase bloccato per colpa del Pd e della Boschi, che si piegarono al volere di Confindustria. L’interesse di qualcuno, evidentemente, era quello di proteggere banche e aziende scorrette. Per noi l’importante è tutelare i cittadini, e con loro chi fa impresa in modo onesto e trasparente.

E’ per questo che la nuova “Class Action” non è rivolta solamente ai “consumatori” ma viene estesa a tutti! La disciplina, infatti, passa dal Codice del Consumo a quello di procedura Civile. E’ un passaggio fondamentale, perché consente a chiunque abbia subito uno stesso danno di fare fronte comune e avviare un’unica causa.

Facciamo un esempio: nel tuo quartiere è stata installata un’antenna che ha fatto male alla tua salute e di tanti altri vicini? Ora puoi unirti insieme a chi ha avuto il tuo stesso problema e fare causa collettiva a chi ha messo l’antenna nociva a due passi da casa tua. Prima questo tipo di azione collettiva non era prevista, perché gli abitanti del quartiere non sono utenti. Un altro esempio, questa volta pensiamo al cittadino-consumatore: hai comprato un’automobile senza sapere che ha un difetto di fabbrica, e come te è successo a migliaia di persone in Italia? Anche in questo caso puoi unirti a chi è incappato nello stesso problema e sostenere una causa collettiva contro la Causa automobilistica.

Quali sono i vantaggi della nostra proposta di Class Action? I cittadini possono scegliere l’avvocato più preparato che ci sia in materia e risparmiare tantissimo su parcelle e spese legali. Essendo in tanti, i costi vengono suddivisi tra tutti coloro che aderiscono alla causa. Inoltre, per un tempo limitato, sarà possibile partecipare all’azione anche dopo la sentenza. In tema di risarcimenti, tra le novità introdotte c’è anche una particolare procedura di recupero “collettiva”. Puntiamo anche a una maggiore efficienza: il giudice competente in questo tipo di processi sarà un magistrato del Tribunale delle imprese. Ciò significa affidarsi a una figura specializzata, velocizzare la causa e non appesantire il lavoro delle sezioni ordinarie. Infine, largo alla tecnologia: con internet, tramite siti appositi, tutti saranno in grado di informarsi velocemente e in modo semplice sui procedimenti in corso.

La Class Action è l’ennesimo promessa messa nero su bianco nel contratto di Governo e mantenuta dal MoVimento 5 Stelle. Lo abbiamo fatto nell’interesse dei cittadini e delle imprese oneste, che potranno lavorare in un mercato leale e meritocratico.

Meno burocrazia, più crescita. Gli imprenditori non saranno più lasciati soli

di MoVimento 5 Stelle

Semplificare per crescere. E’ questa una delle ricette che permetteranno all’economia italiana di rimettersi in moto e tornare, dopo tanti anni, a essere davvero competitiva. Per attrarre nuovi investimenti e per sostenere chi già fa impresa sul territorio è necessario ridurre il peso della burocrazia e rendere più efficiente il sistema. Il Def, compie un primo, decisivo passo in questo senso. La crescita del Pil passa per misure attive come il reddito di cittadinanza, il rilancio degli investimenti pubblici e l’incremento delle risorse finanziarie, ma anche per il miglioramento dei meccanismi della pubblica amministrazione.

La “mala burocrazia”, secondo gli ultimi studi, costa 31 miliardi di euro l’anno alle piccole e medie imprese italiane. E’ una zavorra pesantissima, lasciata in eredità dai vecchi partiti, che costringe chi produce a tirare la cinghia, a non poter dare il meglio, o peggio a chiudere bottega. Se oggi su 19 Paesi dell’area Euro, l’Italia si trova al 14esimo posto nella graduatoria sulla “facilità d’impresa” è perché paghiamo il prezzo di decenni di politiche inadeguate e di scarsa sensibilità nei confronti di chi, con il suo lavoro, ha sempre dato tanto alla nazione. E’ ingiusto, oltre che dannoso.

Siamo sul gradino più basso della scala sia per quanto riguarda i costi per avviare una impresa che in fatto di risorse necessarie per recuperare i crediti quando si ha a che fare con qualcuno che dichiara fallimento. In altre parole, in Italia, chi vuole aprire un’azienda spende di più che nel resto d’Europa. Non solo, se ha un partner commerciale che fallisce, spende di più anche per riavere indietro quello che gli spetta. Ci sorprendiamo, se non attiriamo più investimenti e se le nostre imprese chiudono i battenti?

Ecco perché siamo pronti a invertire la rotta con decisione, puntando alla semplificazione del codice degli appalti, alla riduzione dei tempi nei processi civili, e alla realizzazione di un pacchetto di norme per liberare la nazione dal peso eccessivo della burocrazia. E’ il tempo del Cambiamento, chi lavora e produce per il benessere di tutti deve essere tutelato e incentivato. Non lasciare più soli gli imprenditori significa curare gli interessi della collettività e dare una opportunità di crescita concreta all’economia


I nemici dell'Italia

di Luigi Di Maio


"La perfetta manovra maldestra" "Sull'euro una partita pericolosa"
 (Corriere), "Mattarella, primo stop al governo" "I diritti dopo di noi" (Repubblica), "La classe media dimenticata" (La Stampa), "La tassa di cittadinanza" (Il Giornale). Tutti i giornali di partito hanno dichiarato guerra alla Manovra del Popolo perchè fissa il deficit per il prossimo anno al 2,4%. Il Pd nel 2014 ha fissato il deficit al 3%, nel 2015 al 2,6%, nel 2016 al 2,5%, nel 2017 al 2,4% e l'anno scorso al 2%. Nessuno ha mai fiatato nonostante questo deficit non sia servito a nulla perchè i governi del Pd non hanno fatto deficit per i cittadini, ma per i loro interessi e mancette elettorali.
Sappiamo bene come hanno impiegato i nostri soldi. Opere inutili mai realizzate. Air Force Renzi. 7 miliardi alle banche. Banca Etruria. F35. Pensioni d'oro. Superconsulenze. E così via. Per i piccoli imprenditori, per i 6 milioni di poveri, per i pensionati normali, per le famiglie, per la sanità, per i risparmiatori: niente, anzi solo tagli. Infatti in questi anni il debito pubblico è aumentato e la ricchezza degli italiani è diminuita. E ora questi vogliono venire a dire a noi e a tutti gli italiani come bisogna spendere i soldi? Ma per piacere! 'cca nisciun è fesso!L'accanimento dei partiti è dovuto al fatto che con la Manovra del Popolo sarà evidente che i soldi per far stare meglio gli italiani c'erano e ci sono sempre stati. Bastava non usarli come hanno fatto loro.

Noi abbiamo stravolto tutto e abbiamo messo al primo posto l'interesse dei comuni cittadini, andando a intaccare gli interessi di partito che ormai restano difesi soltanto dai tecnocrati piazzati dai partiti all'interno dei ministeri. La nostra manovra è per la crescita della ricchezza dell'Italia. Economisti del calibro di Giovanni Dosi hanno detto che con la Manovra del Popolo e il deficit al 2,4% l'economia reale crescerà.

Il Pd e Forza Italia non riescono a fare un'opposizione politica e quindi con i loro giornali creano terrorismo mediatico per far schizzare lo spread sperando in un altro colpo di stato finanziario: sono degli irresponsabili nemici dell'Italia. Ma nonostante il loro cinico impegno lo spread non è schizzato perchè gli investitori tutto questo lo sanno. In Italia c'è un governo forte, compatto e destinato a durare che ha il consenso popolare più alto d'Europa e che fa gli interessi del Paese

Giovanni Dosi sulla Manovra del Popolo: con il deficit al 2,4% l'economia reale crescerà

di Giovanni Dosi

C'è qualcosa di surreale nella discussione sulla legge di bilancio. Già quando si parlava del 3% come di un totem magico io ed altri colleghi ci chiedevamo perché tre e non qualche numero più "universale", per esempio, per i keynesiani avrebbe potuto essere pi greco o addirittura due pi greco, e per i rigoristi, che so la "e" di Nepero o addirittura la costante di Plack.

Adesso sono usciti altri numeri magici che sono diventati addirittura delle “linee Maginot” (nonostante la jella che porta quell’evocazione!) . Forse allora è meglio tornare a parlare di economia e chiederci a) quali sono gli effetti reali di un (modesto) aumento del deficit e b) come la prenderebbero i mercati. Sul primo punto, la risposta, in breve, è che farebbe solo bene, specialmente se dovuto ad un aumento delle spese e non ad un taglio delle tasse e specialmente non quelle sui ricchi. La ragione è molto semplice. Se ci sono risorse inutilizzate - ed è difficile pensare che non ci siano con una disoccupazione sopra l'11%! -allora un aumento della spesa anche (specialmente) in deficit produce un aumento piu' che proporzionale del PIL (piu' tecnicamente si dice che il moltiplicatore è molto maggiore di uno e questo lo dice anche il Fondo Monetario dove non sono certo comunisti!).

Esempio. Supponiamo che il rapporto debito /PIL sia 100/100. Adesso aumentiamo (temporaneamente) il debito a 101 finanziando un aumento della spesa in deficit .

Ma se il moltiplicatore è 2 , il rapporto debito /PIL diventa 101/102 , cioè piu' BASSO. Questioni correlate - L'Italia in Europa è stato il paese piu' virtuoso in assoluto, con alti surplus di bilancio al netto degli interessi, ma proprio questo è stato pernicioso sul lato della crescita. Un paese come la Francia ( che ha circa 2/3 del nostro debito in proporzione al PIL ) nel 2016 ha fatto un deficit del 3% e nessuno ha detto niente .

- Il nostro prodotto potenziale rispetto al quale è calcolato il deficit "permesso" è ottenuto con algoritmi senza alcun senso: per Bruxelles e per quelli che in passato l'hanno avvallato a Roma, il livello di "piena occupazione" in Italia sarebbe con circa l'11% di disoccupati ! ? ! Se c’è qualche economista serio che ci crede alzi la mano .

- Un deficit 2.4 che implicazioni ha? Essenzialmente, poche anche, se di segno positivo sull’economia reale: deficit minori avrebbero avuto un impatto deflattivo. Ci sono pero’ alcune qualificazioni importanti ed alcuni alcuni caveat , sul secondo punto "come la prendono i mercati?". è un po’ una questione di framing cognitivo ed un po’ (di più) di costruzione istituzionale. In un mondo di economie nelle quali le Banche Centrali fanno le banche centrali i nostri deficit e debiti non avrebbero nessuno effetto. C’è qualcuno che ricorda che lo stato della California ha essenzialmente fatto default? Effetti sugli Stati Uniti? Basically nessuno. Ma la Fed fa il mestiere della Fed. Il Giappone ha un rapporto debito/PIL quasi doppio della Grecia: importa a qualcuno? No, perchè la Banca Centrale fa il suo dovere e sottoscrive tutti i titoli di stato che i privati, a tasso spesso negativo non sottoscrivono, ma in genere sottoscrivono!. Ma allora inflazione gridano gli ordo-liberisti ! ? ! E quasi un quarto di secolo che i Giapponesi fanno pellegrinaggi a Lourdes e Santiago di Campostela per avercela , ma non arriva e a Chicago e Francoforte non si spiegano perchè …

Ma la BoJ fa il mestiere di una Banca Centrale come la Fed. Invece noi abbiamo ridotto tutta l’Europa ad essere un “paese straniero da se stesso “ , come era il mondo pre moderno del Gold Standard … Magari non è che noi abbiamo di brutto sbagliato teoria , o siamo consigliati dagli stessi consiglieri che hanno portato la Germania nel secolo scorso nelle mani di Hitler? Poi ci sono problemi pragmatici e grossi

1 . Quanto è grande il moltiplicatore? Se il governo trasferisce soldi ai poveri, li spendono tutti, se li trasferisce ai ricchi li spendono pochi. Quindi se si fa qualche tipo di “reddito di cittadinanza” il moltiplicatore è sicuramente superiore a uno, se si trasferisce a ricchi, spesso evasori, come con le flat tax, è zero o forse negativo …

2. Ma l’Europa? L’Europa è una bestia complicata. Quando la Germania fa “nazionalizzare” alla Grecia il debito delle banche greche per salvare le banche franco-tedesche con tutto quello che ne è conseguito va tutto bene per loro, per la finanza internazionale , con il disastro sociale che è risultato , assolutamente un orrore sociale come non si vedeva dal 1929 … Altrimenti da dove partiamo con l’alternativa ? Da Stiglitz , ma sicuramente non da Orban, che è il disastro assoluto, ma piuttosto da Corbyn …

3. I mercati, di nuovo Se si dice, “sforiamo per dare più soldi ai ricchi evasori “, non è credibile persino con gli evasori che speculano sui mercati! … e non per la Commissione Europea … Se diciamo che assieme tagliamo anche le spese che non ci vanno bene è molto più credibile . Dalle “tax expenditures” per le imprese che voleva tagliare pesino Giavazzi ! …agli F-35 …


Oggi è cambiata l'Italia! Abbiamo portato a casa la #ManovraDelPopolo

di Luigi Di Maio

Oggi è un giorno storico! Oggi è cambiata l'Italia! Abbiamo portato a casa la Manovra del Popolo che per la prima volta nella storia di questo Paese cancella la povertà grazie al Reddito di Cittadinanza, per il quale ci sono 10 miliardi, e rilancia il mercato del lavoro anche attraverso la riforma dei centri per l’impiego. Restituiamo finalmente un futuro a 6 milioni e mezzo di persone che fino ad oggi hanno vissuto in condizione di povertà e che fino ad oggi sono stati sempre completamente ignorati.

Nella Manovra del Popolo abbiamo inserito anche la pensione di cittadinanza che restituisce dignità ai pensionati perché alza la minima a 780 euro. E con il superamento della Fornero, chi ha lavorato una vita può finalmente andare in pensione liberando posti di lavoro per i nostri giovani, non più costretti a lasciare il nostro Paese per avere un’opportunità.

I truffati delle banche saranno finalmente risarciti! Abbiamo istituito un Fondo ad hoc di 1,5 miliardi.

Per la prima volta lo Stato è dalla parte dei cittadini. Per la prima volta non toglie, ma dà. Gli ultimi sono finalmente al primo posto perché abbiamo sacrificato i privilegi e gli interessi dei potenti. Sono felice. Insieme abbiamo dimostrato che cambiare il Paese si può e che i soldi ci sono. Tra poco in diretta su Facebook vi racconterò tutti i dettagli!

Tutti i media ci attaccano. Vuol dire che siamo nel giusto

di MoVimento 5 Stelle

È fantastico ascoltare personaggi del calibro di Sallusti o Cirino Pomicino che vanno in televisione a definirci “mafiosi”, dicendo che aizziamo le piazze e che tutto questo in una democrazia italiana non si era mai visto.

Vero! Non si era mai visto un Governo fare gli interessi dei cittadini e combattere lobby, prenditori. Non si era mai visto un decreto che abbatte finalmente la corruzione. Non si era mai visto un ministro delle Infrastrutture che toglie le concessioni ad Autostrade fregandosene dei Benetton o che ribalta i vertici di Ferrovie dello Stato. E non si era mai vista una Manovra del popolo che istituisce il Reddito di Cittadinanza e che toglie le esenzioni fiscali ai petrolieri. Che elimina la povertà!

E poi nelle trasmissioni ci dicono che puntiamo alla “distruzione delle persone”. Ma stiamo scherzando?
Noi non molliamo e continuiamo il cambiamento. SPEGNETE LA TV!


Avanti tutta e barra dritta, se il sistema reagisce così è un buon segno

di Alessandro Di Battista

Siamo onesti, Casalino ha sbagliato. Non si mandano audio del genere in privato ai giornalisti. Certe cose vanno dette pubblicamente e con orgoglio! Le persone ci hanno votato proprio per questo. Se i tecnici nei Ministeri ci mettono i bastoni tra le ruote prendendosi poteri che non gli competono vanno cacciati all’istante. Semplice. O trovano i soldi per il reddito di cittadinanza (come li hanno trovati per le banche) o si trovano un altro lavoro.

Dove sta la violenza in tutto ciò? Violenza è il sistematico tradimento della volontà popolare. Violenza è trovare denari per il TAV, per le banche, per le guerre di invasione mascherate da missioni di pace e dimenticarsi della povera gente. Violenza è utilizzare i giornali non per informare ma per bloccare ad ogni costo un movimento perché quel movimento vuole cancellare i finanziamenti pubblici all’editoria.

Violenza è vedere questi giornalisti fare i leoni di fronte a Rocco Casalino ma poi farsela nei pantaloni sul caso Consip. Questa è la violenza che si respira davvero in Italia. E contro questa violenza la stragrande maggioranza degli italiani si è espressa. Quindi avanti tutta e barra dritta. Amici non vi lasciate intimorire dai soliti cani da riporto del sistema anzi gioite, se il sistema reagisce così è un buon segno!

Riduzione dei parlamentari e referendum propositivo: depositati i disegni di legge

di Riccardo Fraccaro

Migliorare le istituzioni e dare più potere ai cittadini, questa è sempre stata la nostra missione politica. Ora passiamo ai fatti: sono orgoglioso di annunciare che sono stati depositati in Parlamento i disegni di legge costituzionale per la riduzione del numero di deputati e senatori e l’introduzione del referendum propositivo. Inizia una nuova era per l’Italia all’insegna dell’efficienza e della partecipazione.

Le due proposte viaggeranno in parallelo perché vogliamo valorizzare la centralità del Parlamento e al contempo consentire ai cittadini di partecipare direttamente alle decisioni pubbliche. La riduzione dei parlamentari a 400 deputati e 200 senatori consentirà di snellire l’iter di approvazione delle leggi, allineare l’Italia al resto d’Europa visto che abbiamo il più alto numero di rappresentanti eletti e risparmiare 500 milioni di euro a legislatura. Grazie all’introduzione del referendum propositivo gli italiani potranno essere parte attiva della vita politica, approvando direttamente le leggi che ritengono prioritarie ed esercitando un maggior potere di controllo sui loro rappresentanti. Sono i primi pilastri del cambiamento che stiamo realizzando per portare l’Italia nella Terza Repubblica che vede al centro i cittadini e i loro diritti.